Analisi del Testo di: "Una vita" di Italo Svevo


Immagine Italo Svevo
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Trama
4) Personaggi
5) Temi principali
6) Riassunto
7) Analisi e Commento

Scheda dell'Opera


Autore: Italo Svevo
Titolo dell'Opera: Una vita
Prima edizione dell'opera: 1874
Genere: Romanzo
Narratore: Narratore onnisciente
Punto di vista: Interno del narratore
Tempo della storia: Dal trasferimento di Alfonso Nitti a Trieste al suo suicidio



Introduzione


Una vita è il primo romanzo di Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, pubblicato nel 1892. Quest'opera racconta la storia di Alfonso Nitti, un giovane provinciale che si trasferisce a Trieste per lavorare in banca, sperando di migliorare la propria condizione sociale e affermarsi nella vita. Tuttavia, Alfonso si rivela incapace di adattarsi alle aspettative della società borghese e di affermare la propria individualità. Attraverso il ritratto di un protagonista fragile e inetto, Svevo anticipa tematiche esistenziali e psicologiche che diventeranno centrali nella sua opera, esplorando il conflitto interiore, l'alienazione e l'inadeguatezza dell'individuo di fronte alla società.


Trama


Alfonso Nitti è un giovanotto di provincia che, portando con sé le proprie ambizioni letterarie, si trasferisce a Trieste trovando impiego come banchiere presso la famiglia Maller. Fa la conoscenza con Annetta, di cui presto si innamorerà, e Macario, un altro giovane che dimostra molta fiducia in sé. Tutto sembra andare per il meglio e Alfonso sta per sposare Annetta, ma decide improvvisamente di lasciare la città e rintanarsi in provincia per assistere la madre malata. Quando fa ritorno a Trieste, Annetta è ormai fidanzata con Macario e viene declassato nella gerarchia degli impiegati dai Maller. A quel punto, le sue richieste di reintegrazione nella vecchia posizione vengono interpretati come ricatti dai datori di lavoro e, interpretando male i desideri di Annetta, Alfonso Nitti si toglie la vita credendosi ormai disprezzato da tutti.


Personaggi


Alfonso Nitti: E' l'archetipo dell'inetto, ossia del personaggio incapace di coronare le proprie ambizioni a causa dell'inadeguatezza della propria indole. Nato in provincia, Nitti spinge per coltivare un amore per la letteratura mondano e trovare una forma di ingresso nell'alta società borghese cittadina. A frenarlo, nonostante il successo iniziale, è una sostanziale e personalissima sensazione di inadeguatezza, che lo rende incapace di comunicare con il prossimo in maniera franca. Da qui tutta la serie di equivoci che gli attirano addosso il disprezzo del mondo che lo aveva accolto e lo portano infine a togliersi la vita.

Annetta Maller: E' la ricca figlia della famiglia di banchieri che accoglie Nitti. È un personaggio altezzoso, capriccioso e amante dell'arte e della letteratura, passione che condivide con il suo primo innamorato. Gli ideali che la muovono sono però di alta estrazione sociale, il che la rende incompatibile con il ragazzo giunto dalla provincia e portano, infine, al fraintendimento per cui l'amore e la volontà di Nitti vengono interpretati come una forma di arrivismo.

Macario: Al contrario di Nitti, è il personaggio che riesce a realizzare un'ascesa sociale convincente perché estremamente sicuro di sé. La decisione con cui porta avanti i propri intenti gli permette di trovare forme di adattamento all'ambiente sociale borghese e cittadino, di cui diventa parte integrante.


Temi principali


Una vita porta lo stesso titolo, tradotto, di un romanzo di Guy de Maupassant, Une vie, uscito nel 1883. Sebbene lo stesso Svevo ebbe a dichiarare che si trattasse solo di una coincidenza, è innegabile quanto lo scrittore triestino sia stato influenzato in questo romanzo da autori francesi come Stendhal, Balzac, Zola e lo stesso Maupassant. Una vita rielabora infatti il personaggio dell'arrampicatore sociale e propone un'ottica naturalista (sarebbe a dire estremamente fedele alla realtà sociale) sul mondo borghese e cittadino che descrive. Il carattere estremamente innovativo del romanzo di Svevo prefigura quella che sarà l'anima dei suoi romanzi successivi e pienamente novecenteschi: il fallimento di Nitti è causato dalla sua inettitudine, sarebbe a dire dall'impossibilità congenita per un personaggio come lui di adattarsi a un mondo, finanziario e competitivo, dall'aspetto completamente nuovo.


Riassunto


Spinto dall'amore per la letteratura e attratto dalla vita cittadina, Alfonso Nitti si trasferisce a Trieste dalla provincia per prendere servizio nella banca diretta dalla famiglia Maller. Invitato a cena presso i datori di lavoro, fa la conoscenza della figlia della ricca famiglia, Annetta, una donna capricciosa e affascinante che conduce un salotto letterario. Tra i due inizia una relazione, mentre Alfonso nello stesso tempo si lega a Macario, altro giovane giunto in città.

Animati dalla passione letteraria, Annetta e Alfonso sono pronti a superare il divario della loro estrazione sociale e si adoperano per riuscire a sposarsi, ma proprio quando stanno per riuscirci, Nitti decide di abbandonare la città e tornare in provincia per assistere la madre malata. Rinunciando alle proprie ambizioni e una prestigiosa scalata sociale, il protagonista si ritira alla ricerca della contemplazione e la pace, come avesse bisogno di una fuga dal mondo in cui si era brillantemente inserito.

Quando fa ritorno a Trieste, Alfonso scopre che Annetta si è nel frattempo fidanzata con l'amico Macario e che, tra i colleghi sul posto di lavoro, è considerato come un approfittatore, desideroso soltanto di mettere le mani sul patrimonio dei Maller. Quando il direttore della banca gli offre un posto meno redditizio, le proteste dell'impiegato vengono interpretate come ricatti e Nitti cade definitivamente in disgrazia agli occhi della famiglia Maller. Cercando chiarimento con Annetta, le scrive per ottenere un appuntamento, ma a questo si presenta, allarmato, il fratello di lei, che lo sfida a duello.

Di nuovo frainteso, Nitti decide si sottrarsi alla sfida suicidandosi, ponendo così fine agli equivoci generati dalle sue scelte poco ortodosse. Una lettera fredda della Maller conclude quindi il romanzo, dove la morte di Nitti viene annunciata come inspiegabile e senza preavviso alcuno.


Analisi e Commento


Pubblicato nel 1892, il primo romanzo di Svevo, "Una vita", si fa strada nella letteratura di fine Ottocento districandosi tra le strutture del romanzo naturalista e quelle del cosiddetto romanzo della "scalata sociale". Si tratta, dunque, di un'opera che concentra in sé la spiccata volontà di miglioramento che anima il protagonista e l'attenzione ad una minuziosa ricostruzione degli ambienti e dei dettagli tipica dei romanzi zoliani e veristi.

Alfonso Nitti è il primo personaggio sveviano, colui che, partendo dalla sua condizione di giovane provinciale, inizia un convinto processo di emancipazione e mette in scena una lotta accanita mirata all'ascesa sociale, esattamente come avevano fatto i "Malavoglia" o il "Mastro Don Gesualdo" verghiani. Alfonso abbandona il suo paese e giunge a Trieste, si impiega presso la banca Maller e, proprio nel momento in cui può finalmente migliorare la sua condizione sociale, perché la figlia del padrone si innamora di lui, non combina il matrimonio risolutore, ma fugge con una banale scusa.

La differenza, allora, che anima questo nuovo personaggio e che rappresenta anche il punto di svolta nella letteratura di questo periodo è la scoperta di un'importante realtà: le cause del fallimento del protagonista non sono riconducibili esclusivamente a fattori esterni o legate necessariamente alle leggi darwiniane della selezione naturale e della lotta per la vita, come avevano ampiamente sostenuto i veristi, ma sono anche dovute a fattori soggettivi, a dinamiche psicologiche, a tutta una serie di turbamenti e sensazioni interiori che conducono il protagonista ad un'immobilità improduttiva. Alfonso Nitti, allora, alla pari dei "fratelli" Emilio Brentani di "Senilità" e Zeno Cosini di "La coscienza di Zeno", inaugura un nuovo tipo di personaggio, l'inetto, cioè colui che è caratterizzato da una debolezza caratteriale talmente forte da riflettersi sul fisico e sull'agire, da un'insicurezza psicologica così elevata da renderlo, come lo stesso Svevo scrive, «incapace alla vita».

In questa fase iniziale, Svevo è attento a non descrivere esclusivamente la situazione e la difficoltà psicologica del suo protagonista, ma a ricercarne e a spiegarne anche i possibili motivi, arrivando a presentare al lettore un personaggio immobile perché colpito da un profondo senso di inferiorità: Alfonso Nitti, lavoratore in banca, ma al tempo stesso intellettuale legato ad un tipo di cultura umanistica e appassionato di letteratura, è il diverso, colui che non riesce ad inserirsi in una società che è tutta evoluzione, macchinazione, profitto, e che sente questa diversità come un vero e proprio disagio, tanto da trasformare quella che vive come impotenza sociale in impotenza anche psicologica. Allora, ciò che il protagonista sente di non avere, immancabilmente, ai suoi occhi, è presente negli altri, nei suoi colleghi di lavoro, per esempio, che avranno sempre il successo che egli desidera ma non raggiunge; anche la donna che Alfonso inizialmente conquista ma che rifiuta di sposare diventerà poi la donna di un suo amico, Macario, giovane brillante e deciso, quindi riflesso di tutto ciò che Alfonso vorrebbe ma non è in grado di realizzare.

Il nuovo personaggio che si affaccia sulla letteratura di fine Ottocento, dunque, è un personaggio perdente, uno sconfitto in partenza, un inadatto che resta sempre impotente. Tutto ciò vive sullo sfondo di un'ulteriore straordinaria intuizione dell'autore: il protagonista del romanzo non è più semplice oggetto di un'accurata analisi dei suoi moti interiori ma diventa vittima di una coscienza tormentata e tormentatrice, che può essere labirinto tortuoso e senza uscita; Alfonso Nitti, il primo inetto della produzione sveviana, nasce come portatore di un complesso di contraddizioni mentali e di ambiguità che annunciano quelle che saranno poi le scoperte di Freud, annunciano l'inconscio, il rimosso o il represso, la zona remota che genera gli impulsi più segreti.

Il punto di vista dominante del racconto è proprio quello di Alfonso, per cui il lettore legge la maggior parte degli avvenimenti attraverso le sensazioni e l'emotività del protagonista; è anche vero, però, che l'autore non manca di affiancare, a questa, un'altra lettura dei fatti: quella del narratore che, pur non essendo più il narratore onnisciente tipicamente ottocentesco, interviene a giudicare l'azione, a correggere o a smentire, cercando di indirizzare il racconto verso la realtà più plausibile, impedendo al protagonista di coinvolgere anche il lettore nei suoi autoinganni. È l'atteggiamento critico dell'autore nei confronti del suo inetto che viene fuori, quell'atteggiamento che raggiunge la massima espressione nel secondo romanzo, Senilità, e invece quasi eliminato ne La coscienza di Zeno, dove a parlare non sarà neanche più l'uomo, ma direttamente la sua psiche.

Fonti: libri scolastici superiori

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