Parafrasi, Analisi e Commento di: "Shemà" di Primo Levi


Immagine Primo Levi
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Primo Levi
Titolo dell'Opera: Se questo è un uomo
Prima edizione dell'opera: 1947
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: 23 versi irrelati di varia misura. Non ci sono rime ma diverse assonanze e consonanze.



Introduzione


"Shemà" è una poesia di Primo Levi, scritta come prologo alla raccolta di poesie "Se questo è un uomo", pubblicata nel 1947. Questa breve ma potente poesia è un invito diretto al lettore a riflettere sulla tragedia della Shoah e sul valore della memoria. Il titolo "Shemà" richiama la preghiera ebraica "Shemà Israel", che significa "Ascolta, Israele", e sottolinea l'urgenza di ascoltare e comprendere la testimonianza delle vittime dell'Olocausto.

Nel testo, Levi esorta il lettore a considerare la disumanizzazione e la sofferenza vissute nei campi di concentramento, ponendo un monito morale: chiunque si rifiuti di ascoltare e di ricordare è moralmente complice dell'ingiustizia. Con uno stile asciutto e diretto, Levi combina immagini forti e parole incisive per trasmettere l'orrore dell'esperienza vissuta e l'importanza di non dimenticare. "Shemà" non è solo una poesia, ma un appello alla responsabilità etica di ogni individuo di fronte alla memoria storica.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Voi che vivete sicuri
2. Nelle vostre tiepide case,
3. Voi che trovate tornando a sera
4. Il cibo caldo e visi amici:

5. Considerate se questo è un uomo
6. Che lavora nel fango
7. Che non conosce pace
8. Che lotta per mezzo pane
9. Che muore per un sì o per un no.
10. Considerate se questa è una donna,
11. Senza capelli e senza nome
12. Senza più forza di ricordare
13. Vuoti gli occhi e freddo il grembo
14. Come una rana d'inverno.

15. Meditate che questo è stato:
16. Vi comando queste parole.
17. Scolpitele nel vostro cuore
18. Stando in casa andando per via,
19. Coricandovi alzandovi;
20. Ripetetele ai vostri figli.

21. O vi si sfaccia la casa,
22. La malattia vi impedisca,
22. I vostri nati torcano il viso da voi.

10 gennaio 1946
1. Voi che vivete sicuri
2. nelle vostre case dalla temperatura tiepida,
3. voi che rincasando alla sera trovate
4. cibo caldo e visi amichevoli:

5. considerate se è un uomo questo
6. che lavora nel fango,
7. che non conosce pace,
8. che lotta per mezzo pezzo di pane,
9. che muore per un sì o per un no [cioè la sua vita è completamente in mano di altri]
10. considerate se questa è una donna,
11. senza capelli e senza nome,
12. senza più la forza di ricordare,
13. con gli occhi vuoti e il grembo freddo,
14. come una rana durante l'inverno.

15. Meditate sul fatto che ciò è accaduto davvero:
16. vi comando queste parole.
17. Scolpitele nel vostro cuore
18. [ricordatele] stando in casa o camminando per la strada,
19. andando a letto o alzandovi;
20. ripetetele ai vostri figli.

21. Altrimenti, possa la vostra casa disfarsi,
22. possa la malattia rendervi infermi,
23. possano i vostri figli allontanarsi da voi con odio.



Parafrasi discorsiva


Voi che vivete sicuri nelle vostre case dalla temperatura tiepida, voi che rincasando alla sera trovate cibo caldo e visi amichevoli: considerate se è un uomo questo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pezzo di pane, che muore per un sì o per un no [cioè la sua vita è completamente in mano di altri]; considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome, senza più la forza di ricordare, con gli occhi vuoti e il grembo freddo, come una rana durante l'inverno.

Meditate sul fatto che ciò è accaduto davvero: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore, [ricordatele] stando in casa o camminando per la strada, andando a letto o alzandovi; ripetetele ai vostri figli.

Altrimenti, possa la vostra casa disfarsi, possa la malattia rendervi infermi, possano i vostri figli allontanarsi da voi con odio.


Figure Retoriche


Apostrofi: v. 1: "Voi che vivete sicuri".

Anafore: vv. 1 e 3, vv. 5 e 10, vv. 6, 7, 8 e 9, vv. 11 e 12: "voi che...", "considerate se...", "che...", "senza...".

Similitudini: v. 14: "Come una rana d'inverno".

Parallelismo: tra i vv. 5 e 10: "Considerate se questo è un uomo" – "Considerate se questa è una donna".

Enumerazione: vv. 6-9, vv. 18 e 19.


Analisi e Commento


La poesia Shemà* è stata scritta da Primo Levi a ridosso dei terribili eventi di stampo autobiografico narrati nell'omonimo romanzo, del quale i versi costituiscono l'esergo*, nonché una potente sintesi: al centro della narrazione, troviamo l'esperienza della detenzione nel campo di sterminio di Auschwitz, evento che segna l'intera esistenza dell'autore talmente in profondità da spingerlo al suicidio oltre quarant'anni dopo la liberazione. Shemà (in ebraico 'Ascolta'), dice l'autore, "è l'inizio della preghiera fondamentale dell'ebraismo, in cui si afferma l'unità di Dio".

La poesia si apre con un'apostrofe diretta al pubblico, di ascendenza dantesca: il lettore si sente immediatamente preso in causa in prima persona, e questo rende più prorompete l'accusa che Primo Levi lancia nei versi successivi; l'ammonimento non è rivolto solo alle generazioni future, ma anche a tutti i contemporanei di Primo Levi che non hanno vissuto sulla loro pelle le atrocità dell'olocausto. Davanti ai loro occhi, nella seconda strofa, il poeta mette la terribile immagine di due vite umane passate attraverso le atrocità dei campi di sterminio. L'utilizzo del dimostrativo "questo / questa" (vv. 5 e 10) crea avvicinamento; Primo Levi ci mostra davanti a noi un uomo e una donna privati di tutto ciò che costituisce l'essenza dell'umanità: la dignità, il rispetto, l'amore, la memoria, l'intelletto, il nome. A quest'uomo e a questa donna è accaduto qualcosa che risulta inimmaginabile per tutti coloro che, al sicuro nelle loro case accoglienti, non lo hanno vissuto: un orrore quasi impossibile da spiegare a parole, del quale è stato complice anche chi ha fatto finta di non vedere.

Per questo, nella terza strofa, il comandamento del poeta al lettore è quello di scolpirsi quanto accaduto nel cuore, per non dimenticarlo mai, per diffonderlo a quante più persone possibile, cosicché non svanisca mai la memoria di questo orrore ma anzi esso rimanga sempre come vivido ammonimento per le generazioni future. A questo scopo sono utilizzati gli imperativi che ricorrono nel componimento (v. 5: "considerate"; v. 10 "Considerate"; v. 15 "Meditate"; v. 17: "Scolpitele"; v. 20: "ripetetele") i quali conferiscono alla poesia il tono del comando che non può essere ignorato.

È con un terribile anatema che la quarta strofa chiude la poesia Shemà: ciò che viene detto costituisce non tanto la maledizione del poeta a chi dimentica, quanto la profezia dell'inevitabile catastrofe che di nuovo si riverserà sull'umanità se non saprà imparare dagli errori del passato.

Il linguaggio con cui il poeta mette davanti agli occhi del lettore l'evidenza della crudeltà umana è diretto e secco, non concede nulla al lirismo, anzi ogni parola sembra scolpita a chiare lettere nella roccia: le immagini sono dure e mai edulcorate, anzi sono sottolineate dalla sintassi chiara e lineare.

* La poesia dopo essere stata inclusa nel romanzo omonimo, sarà successivamente pubblicata nella raccolta poetica Ad ora incerta (1984).
* La parte iniziale di un libro, o di uno scritto in genere, dove si colloca un motto o una citazione

Fonti: libri scolastici superiori

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