Parafrasi, Analisi e Commento di: "Il bove" di Giosuè Carducci
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte
Scheda dell'Opera
Autore: Giosuè Carducci
Titolo dell'Opera: Rime nuove
Data: 1947
Genere: Romanzo
Narratore: Eterodiegetico
Punto di vista: Focalizzazione interna
Tempo della storia: Anni della Resistenza
Introduzione
"Il bove" è una delle poesie più conosciute di Giosuè Carducci, premio Nobel per la letteratura nel 1906. Scritta nel 1872 e inclusa nella raccolta "Rime nuove", questa poesia è un omaggio alla natura e al lavoro rurale. Carducci celebra la figura del bove, simbolo di forza, pazienza e dedizione al lavoro nei campi. Con un linguaggio semplice e ricco di immagini suggestive, il poeta evoca la serenità e la nobiltà del mondo contadino, esaltando i valori della vita agricola e della laboriosità umana. La poesia riflette anche un profondo senso di armonia tra l'uomo e la natura, temi cari a Carducci, che spesso trova ispirazione nella bellezza e nella quiete della campagna italiana.
Testo e Parafrasi puntuale
1. T'amo, o pio bove; e mite un sentimento 2. Di vigore e di pace al cor m'infondi, 3. O che solenne come un monumento 4. Tu guardi i campi liberi e fecondi, 5. O che al giogo inchinandoti contento 6. L'agil opra de l'uom grave secondi: 7. Ei t'esorta e ti punge, e tu co 'l lento 8. Giro de' pazïenti occhi rispondi. 9. Da la larga narice umida e nera 10. Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto 11. Il mugghio nel sereno aer si perde; 12. E del grave occhio glauco entro l'austera 13. Dolcezza si rispecchia ampïo e quïeto 14. Il divino del pian silenzio verde. |
1. Ti amo, tranquillo e laborioso bue, e un sentimento sereno 2. di forza e di pace, riversi nel mio cuore 3. sia quando, maestoso come un monumento, 4. Volgi il tuo sguardo verso i campi aperti e fertili, 5. sia quando, porgendo volenterosamente le tue spalle al giogo, 6. Presti aiuto con la tua possanza al lavoro dell'uomo rendendolo leggero: 7. egli ti incita e ti aizza e tu lentamente 8. Volgendo lo sguardo all'indietro gli rispondi con occhi pazienti. 9. Dalla tua grande narice umida e nera 10. esce il tuo fiato fumando e come un cantico felice 11. il tuo muggito si disperde nell'aria serena; 12. e il tuo occhio azzurro e intenso ("glauco") nella sua ferma 13. Dolcezza si rispecchia, grande e tranquillo, 14. nel sovrumano silenzio della verde pianura. |
Parafrasi discorsiva
Ti amo, tranquillo e laborioso bue, e un sentimento sereno di forza e di pace riversi nel mio cuore sia quando, maestoso come un monumento, volgi il tuo sguardo verso i campi aperti e fertili, sia quando, porgendo volenterosamente le tue spalle al giogo, presti aiuto con la tua possanza al lavoro dell'uomo rendendolo leggero (agil opra, v.6): egli ti incita e ti aizza e tu lentamente volgendo lo sguardo all'indietro gli rispondi con occhi pazienti.
Dalla tua grande narice umida e nera esce il tuo fiato fumando e come un cantico felice il tuo muggito si disperde nell'aria serena; e il tuo occhio azzurro e intenso ("glauco") nella sua ferma dolcezza si rispecchia, grande e tranquillo, nel sovrumano silenzio della verde pianura.
Figure Retoriche
Anafore: vv. 3, 5: "o che": la figura accoppia le due direzioni dello sguardo del bue, verso i campi o verso il suo padrone.
Anastrofi: v. 1, 11, 14: "e mite un sentimento", "il mugghio nel sereno aer si perde", "il divino del pian silenzio verde". Le inversioni creano effetti di musicalità e rallentamento e descrivono la mansuetudine della scena e dell'animale.
Antitesi: v. 6: "agil – grave": gli aggettivi dal significato contrario indicano la forza dell'aiuto dell'animale che rende meno faticoso il lavoro dell'uomo.
Apostrofi: v. 1: "o pio bove": il poeta rivolge una vera e propria dichiarazione d'amore all'animale.
Enjambements: vv. 1-2, vv. 7-8, vv. 12-13, vv. 13-14: "un sentimento / di vigore", "lento / giro", "austera / dolcezza", "quieto / il divino". Spezzature ritmiche frequenti che imitano poeticamente l'andatura del bue.
Endiadi: v. 2, 13: "di vigore e di pace", "ampïo e quïeto". Coppie di aggettivi o sostantivi descrittivi che riproducono le caratteristiche del bue e del paesaggio, ossia la grandezza e la tranquillità.
Ipallage: v. 6, v. 14: "L'agil opra de l'uom grave": la figura fonde l'apporto dato dall'aiuto del bue con il lavoro dell'uomo, che proprio grazie a questo aiuto diventa molto meno faticoso, "il divino del pian silenzio verde": l'inversione e l'associazione di aggettivi e soggettivi crea una pittoresca e metaforica descrizione del panorama.
Iperbato: vv. 1-2, vv. 5-6: "e mite un sentimento / di vigore e di pace al cor m'infondi,", "al giogo inchinandoti contento / l'agil opra de l'uom grave secondi". Sintassi e ritmo sono rallentate, ciò favorisce la musicalità lenta e cadenzata del componimento, che imita l'incedere lento dell'animale.
Metafore: v. 10: "fuma il tuo spirto": il fiato del bue che passa attraverso le narici ricorda il fumo emesso da una locomotiva e cioè ne indica la potenza e la forza.
Metonimia: v. 8: "pazienti occhi": attraverso l'aggettivo riferito agli occhi si indica il carattere dell'animo del bue.
Ossimori: vv. 12-13: "austera / dolcezza": nella coppia associata si indicano insieme la stazza dell'animale e la sua prestanza fisica, che è però accompagnata da una natura mansueta e dolce.
Similitudini: v. 3, v. 10: "solenne come un monumento": il corpo dell'animale, nella sua imponenza, è paragonato a una statua o un edificio, "come un inno lieto": il muggito del bue riempie la pianura come fosse una celebrazione della sua attività.
Sinestesia: v. 14: "silenzio verde": associazione del rumore -assente- del panorama e del suo colore predominante.
Analisi e Commento
Storico-letterario
Il bove fu composto da Giosuè Carducci nel 1872 e pubblicato per la prima volta nella Strenna bolognese l'anno successivo, con il titolo di Contemplazione della bellezza e sotto lo pseudonimo Enotrio Romano. Il componimento entrò poi a far parte della raccolta di liriche scritte tra il 1861 e il 1887, le Rime Nuove, con il titolo con cui esso è oggi conosciuto.
Le Rime nuove seguono il principio tipicamente carducciano della "metrica barbara", ossia l'applicazione e la fusione dei metri tradizionali della poesia classica o italiana su temi innovativi tratti dalla modernità. La raccolta contiene tutta la varietà dei temi carducciani e componimenti spesso ispirati dalla lettura dei classici della letteratura, dal ricordo nostalgico di eventi storici del passato o di momenti personali e evocazioni della propria giovinezza opposti a una visione pessimistica del presente. Altri elementi importanti e spesso presenti sono le descrizioni paesaggistiche, soprattutto maremmane, e le tematiche amorose ed autobiografiche.
La lirica Il bove è una descrizione di una scenetta agreste, che contiene anche elementi di poetica carducciana. Lo si potrebbe qualificare, osservandone la struttura compositiva, come un vero e proprio inno all'animale e ai valori che incarna, un'espressione di una vera e propria religiosità laica. È appunto a questo proposito significativa la scelta del genere del sonetto, tradizionalmente legato alla celebrazione della donna-angelo a partire dalla tradizione stilnovistica e petrarchesca. La celebrazione amorosa e religiosa è appunto rivolta all'animale, che diventa un simbolo di forza e pazienza.
Tematico
Il sonetto si apre con una vera e propria dichiarazione d'amore e l'apostrofe al "pio bove", lodato e apprezzato per la sua paziente e mite laboriosità. L'utilizzo dell'aggettivo "pio" richiama quello del sottotesto dell'intera lirica, che dell'animale chiama in causa oltre all'imponenza fisica e la mitezza anche un'idea di sacralità.
Nello scorrere delle strofe si insiste sulle idee classiche di serenità, tranquillità, compostezza, accanto a quelle della fertilità dei campi, l'estensione tranquilla del paesaggio e del paziente lavoro agricolo, di cui come espresso al v. 6 il bue è parte fondamentale poiché con il suo silenzioso ma fondamentale apporto rende l'opera dell'uomo "agile" e leggera. L'animale solido, paziente e maestoso è reso, a tratti anche un po' troppo forzatamente, il simbolo di valori etico-morali positivi legati alla laboriosità e la lentezza del mondo contadino ormai perduto, il quale si oppone al mondo mediocre e in corsa verso un'insensata idea di progresso tipica invece della modernità in cui il poeta vive.
La poesia si chiude perciò con un'immagine idilliaca: il "silenzio verde" (v.14), sterminato ed eterno del campo coltivato immobile, che si rispecchia nell'occhio dell'animale stesso che incede inesorabile e mansueto, formando quindi con esso un'unità indissolubile. La sinestesia citata, che viene dall'ultimo verso, ha il compito perciò di chiudere a livello tematico il componimento fornendo un quadro impressionistico acustico e visivo che riassume le due caratteristiche preminenti dell'animale, del paesaggio agreste e della vita di altri tempi, sulle quali si insiste ripetutamente nell'intera lirica e riassumibili nell'efficacissimo ossimoro "austera / dolcezza" ai vv. 12-13.
Stilistico
Il bove adotta la forma classica del sonetto in endecasillabi con schema di rime ABAB ABAB CDE CDE. In alcuni luoghi del componimento il poeta fa ricorso alla dieresi (v.8 "pazïente"; v.13 "ampïo e quïeto") per evidenziare i termini in questione e al contempo mantenere fisso il numero di sillabe che compongono i versi.
A livello ritmico il componimento risulta perfettamente cadenzato su un ritmo lento e regolare accentuato da un frequente uso dell'enjambement (vv. 1-2: "un sentimento / di vigore"; vv. 7-8: "lento / giro"; vv. 12-13: "austera / dolcezza"; vv. 13-14: "quieto / il divino"), dall'andamento rimico e la versificazione regolare e dalla scelta di una sintassi complessa che fa spesso ricorso all'anastrofe ( v. 1 "e mite un sentimento"; v. 11 "il mugghio nel sereno aer si perde" v. 14: "il divino del pian silenzio verde") e l'iperbato (vv. 1-2: "e mite un sentimento / di vigore e di pace al cor m'infondi,"; vv. 5-6: "al giogo inchinandoti contento / l'agil opra de l'uom grave secondi"). Anche a livello lessicale le scelte vanno verso una direzione aulica e latineggiante ("pio", "spirto", "mugghio", "aer", ecc.). I termini sono spesso scelti perché classicheggianti e pomposi, più che per la loro reale efficacia. È in questo tipo di poesia fondata sulla complessità e la simmetria di metro e ritmo che consiste l'ideale classicista carducciano della "metrica barbara", ossia la ricerca della perfezione stilistica e formale a imitazione dei modelli classici applicata sulla lingua italiana contemporanea all'età in cui il poeta visse.
Il senso semantico della poesia è da ricercare nell'alternanza ripetuta tra le caratteristiche attribuite al bove e al paesaggio agreste, di cui si sottolineano la natura tranquilla e mansueta e al contempo l'imponenza, la possanza e la maestosità. La presenza contemporanea di queste due caratteristiche è resa attraverso l'utilizzo di figure metaforiche come la similitudine (v.3; v.10), la sinestesia (v.14), l'ossimoro (v. 12-13) e soprattutto le due ipallagi (v. 6 "l'agil opra de l'uom grave"; v.14 "il divino del pian silenzio verde") in cui attraverso le inversioni sintattiche viene creato un piano metaforico in cui uomo, animale e natura fondono le proprie identità in un'unica entità.
Confronti
Il sonetto risulta complessivamente convenzionale e rappresenta magistralmente il classicismo carducciano, spesso un po' troppo scolastico e "gonfio", ispirato palesemente al Virgilio delle Georgiche, il poema in cui il poeta latino idealizzava e celebrava appunto le attività legate all'agricoltura e l'allevamento. All'interno della produzione carducciana, è possibile riscontrare in questo sonetto una profonda trasformazione nella visione del mondo del poeta. In età giovanile Carducci aveva vissuto un periodo di forte anticlericalismo ed entusiasmo per la modernità, espresso ad esempio all'interno dell'Inno a Satana nell'esaltazione della locomotiva come simbolo del progresso umano:
169. Un bello e orribile
170. Mostro si sferra,
171. Corre gli oceani,
172. Corre la terra:
173. Corusco e fumido
174. Come i vulcani,
175. I monti supera,
176. Divora i piani;
185. Come di turbine
186. L'alito spande:
187. Ei passa, o popoli,
188. Satana il grande.
Anche l'animale protagonista de Il bove è paragonato a una locomotiva che traina l'aratro sotto il giogo (vv.9-10), ma abbiamo appunto visto come questo sia simbolo di un mondo rurale e lento nel suo scorrere maestoso con caratteristiche che rimandano alla sacralità. Si tratta perciò di un Carducci più moderato e monarchico, paladino dei valori agresti tradizionali.
Il bove è uno dei componimenti più famosi di Carducci e fu l'ispirazione per un componimento dal medesimo titolo composto da Giovanni Pascoli e pubblicato in Myricae. Le liriche hanno in comune, oltre al titolo, la forma metrica (il sonetto) e la descrizione di un bue e del paesaggio che lo circonda. Pascoli tuttavia, com'è consueto della sua poesia, non prende il bue come simbolo di un passato luminoso da celebrare ma come oggetto di un quadro malinconico al tramonto, in cui la tenebra che tutto avvolge sta inghiottendo l'animale e il paesaggio, come leggiamo nell'ultima terzina:
1. Il sole immenso, dietro le montagne
2. cala, altissime: crescono già, nere,
3. l'ombre più grandi d'un più grande mondo
Secondo Pascoli, il mondo celebrativo e gioioso del Bove di Carducci è irrimediabilmente perduto e, come tutto, è avvolto dall'oscurità e dalla presenza della morte, tema costante della poesia pascoliana.
Domande e Risposte
In quale raccolta si trova Il bove?
Il bove fa parte delle Rime nuove (1887)
Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale del componimento è la descrizione di un bue in un idilliaco scenario agreste.
Qual è la forma metrica scelta da Carducci?
Il bove è un sonetto in endecasillabi con schema rimico ABAB ABAB CDE CDE.
Qual era il titolo originale della poesia?
Il titolo originale della poesia era Contemplazione della bellezza.
Quale rivista pubblicò per la prima volta la poesia?
La poesia fu pubblicata sotto pseudonimo sulla Strenna bolognese.
Quale figura retorica è contenuta nel celebre verso 14 "il divino del pian silenzio verde"?
Il verso è un tipico esempio di ipallage.
Fonti: libri scolastici superiori