Parafrasi, Analisi e Commento di: "Alla luna" di Giacomo Leopardi


Immagine Giacomo Leopardi
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giacomo Leopardi
Titolo dell'Opera: Canti
Prima edizione dell'opera: La prima edizione è l'edizione Piatti uscita nel 1831, ma l'edizione definitiva e completa è quella del 1835
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Idillio in endecasillabi sciolti, privi cioè di rima



Introduzione


"Alla luna" è una delle più celebri poesie di Giacomo Leopardi, scritta nel 1819 e inclusa nella raccolta "Canti". Questo componimento appartiene al ciclo dei cosiddetti "idilli", nei quali Leopardi esprime in modo lirico e intimo i suoi sentimenti e riflessioni sulla natura, la solitudine e la memoria del passato.

Nella poesia, Leopardi si rivolge direttamente alla luna, vista non solo come un astro, ma come una confidente e testimone silenziosa delle sue sofferenze e malinconie. Attraverso il dialogo con la luna, il poeta riflette sulla condizione umana, la fugacità del tempo e il ricordo di momenti dolorosi ma significativi della sua vita. La luna, simbolo di un conforto lontano e irraggiungibile, diventa l'immagine della sua ricerca di consolazione e rifugio dalle pene terrene.

"Alla luna" è caratterizzata da un linguaggio semplice e musicale, che esalta la bellezza della natura e il potere evocativo della memoria, temi cari a Leopardi e centrali nella sua poetica.


Testo e Parafrasi puntuale


1. O graziosa Luna, io mi rammento
2. che, or volge l'anno, sovra questo colle
3. io venia pien d'angoscia a rimirarti:
4. e tu pendevi allor su quella selva,
5. siccome or fai, che tutta la rischiari.
6. Ma nebuloso e tremulo dal pianto,
7. che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
8. il tuo volto apparia, ché travagliosa
9. era mia vita: ed è, né cangia stile,
10. o mia diletta Luna. E pur mi giova
11. la ricordanza, e il noverar l'etate
12. del mio dolore. Oh come grato occorre
13. nel tempo giovanil, quando ancor lungo
14. la speme e breve ha la memoria il corso,
15. il rimembrar delle passate cose,
16. ancor che triste, e che l'affanno duri!
1. O dolce luna graziosa, io mi ricordo,
2-3. che, proprio un anno fa ("or volge l'anno", v.2) , io venivo (="io venia" del v. 3) su questo colle scosso dalla sofferenza ad ammirarti:
4. e tu stavi allora come appesa sopra quel bosco
5. proprio come fai anche adesso, rischiarandolo tutto con i tuoi raggi.
6-9. Ma, a causa delle lacrime che mi crescevano sulle ciglia, ai miei occhi, il tuo aspetto appariva sfocato e tremolante, poiché la mia vita era piena di dolore e fatica: e lo è ancora e non cambia infatti il modo in cui io vivo, 10. o mia cara luna. Eppure mi fa bene
11. ricordare il tempo passato e rinnovare il tempo
12. del mio dolore. Oh come appare gradito e felice,
13. nell'età della giovinezza, quando la speranza ("speme" del v. 14) ha ancora un lungo percorso davanti a sé
14. e la memoria ne ha uno breve,
15. ricordarsi degli avvenimenti passati,
16. anche se sono tristi e la sofferenza perdura ancora nel presente.



Parafrasi discorsiva


O dolce luna graziosa, io mi ricordo che, proprio un anno fa ("or volge l'anno", v.2) , io venivo (="io venia" del v. 3) su questo colle scosso dalla sofferenza ad ammirarti: e tu stavi allora come appesa sopra quel bosco proprio come fai anche adesso, rischiarandolo tutto con i tuoi raggi. Ma, a causa delle lacrime che mi crescevano sulle ciglia, ai miei occhi, il tuo aspetto appariva sfocato e tremolante, poiché la mia vita era piena di dolore e fatica: e lo è ancora e non cambia infatti il modo in cui io vivo, mia cara luna. Eppure mi fa bene ricordare il tempo passato e rinnovare il tempo del mio dolore. Oh come appare gradito e felice, nell'età della giovinezza, quando la speranza ("speme" del v. 14) ha ancora un lungo percorso davanti a sé e la memoria ne ha uno breve, ricordarsi degli avvenimenti passati,anche se sono tristi e la sofferenza perdura ancora nel presente.


Figure Retoriche


Enjambements: vv. 8-9, vv. 10-11, vv. 11-12, vv. 13-14: "travagliosa / era la mia vita", "mi giova / la ricordanza". Le due interruzioni sottolineano lo stato del poeta di un tempo e la paradossale gioia nel ricordalo, "l'etate / del mio dolore". Evidenziato il periodo in cui la sofferenza del poeta aveva luogo, "lungo / la speme". Sottolineato il carattere della speranza solitamente proprio della gioventù.

Allitterazioni: Della "l": "Luna-voLge-coLLe-aLLor-seLva-nebuLoso-tremuLo-doLore-diLetta": il suono dolce crea la quiete del pacato notturno iniziale.

Anafore: vv. 1, 10: "o graziosa luna [...] o mia diletta luna". La ripetizione dovuta alla figura retorica dell'anafora sottolinea il sentimento quasi d'affetto per la luna.

Apostrofi: v. 1, v. 10: "o graziosa luna", "o mia diletta luna". Con le apostrofi il poeta prende il corpo celeste come diretto interlocutore rivolgendosi ad esso.

Metonimia: v. 6: "pianto". Il pianto (l'azione di piangere) indica propriamente le lacrime sugli occhi.

Metafore: v. 7: "luci". L'espressione sostituisce la parola "occhi", ossia l'organo che permette la visione e capta la luce.

Iperbato: vv. 6-8: "Ma nebuloso e tremulo dal pianto / che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci / il tuo volto apparia". Inversione che crea enfasi sul momento toccante del componimento.

Anastrofi: vv. 13-14: "lungo /la speme e breve ha la memoria il corso". Inversione che crea sospensione sul concetto centrale del componimento.

Chiasmi: vv. 13-14: "lungo /la speme e breve ha la memoria il corso". Istituito un rapporto poetico e oppositivo tra speranza e memoria.

Zeugma: vv. 13-14: "lungo /la speme e breve ha la memoria il corso". La dipendenza da un unico predicato crea un parallelismo ossimorico tra le caratteristiche di speranza e memoria nella gioventù.

Polisindeti: vv. 10-12: "E pur mi giova / la ricordanza, e il noverar l'etate / del mio dolore". Rallentamento che indica il soffermarsi piacevole nel ricordo.

Poliptoti: v. 9: "era mia vita / ed è, né cangia stile". Modifica nella declinazione del predicato per indicare il ripetersi di quell'attimo e quello stato d'animo.


Analisi e Commento


Storico-letterario

Alla luna fa parte di un gruppo di componimenti composti da Leopardi tra il 1819 e il 1821 (L'infinito, La sera del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria) comunemente conosciuti come piccoli idilli. Fu lo stesso autore a designarli con il termine idilli e descriverli come "espressione di sentimenti, affezioni, avventure storiche del suo animo" nel 1828, quando si apprestava a scrivere i grandi idilli o canti pisano-recanatesi, nei quali ritornava sulle tematiche giovanili modificando le proprie posizioni e adottando definitivamente la forma della canzone libera. A questo periodo si deve l'inserzione degli ultimi due versi della poesia, che infatti compaiono solo nell'edizione dei Canti (l'unica raccolta della produzione poetica leopardiana) del 1845, pubblicata postuma. Il resto del componimento invece fu pubblicato per la prima volta nel 1825 sul "Nuovo ricoglitore" insieme agli altri idilli e compare regolarmente nell'edizione Piatti dei Canti del 1831 e in quella rinnovata e aggiornata del 1835.

Riguardo alla collocazione nei Canti, è possibile riscontrare una linea di continuità nell'ordine che Leopardi volle conferire alle sue poesie. Partendo dal Passero solitario (scritta nel 1828), in cui si accenna a una passeggiata serale verso la campagna mentre in paese ha luogo una festa, si passa a L'infinito, nel quale il poeta si abbandona all'immaginazione sul famosissimo "ermo colle" e poi alla Sera del dì di festa, aperta da un notturno in cui il poeta riflette sulla propria infelicità e la luna sovrasta i tetti del paese. L'apertura anch'essa in notturno di Alla luna ci riporta di nuovo sul colle dove ha luogo una nuova riflessione rivolta al corpo celeste. Il testo è quindi costruito sul ritorno del passato nel presente: tra le sensazioni dell'anno precedente, quando il poeta ammirava la luna pieno di angoscia e i sentimenti di un momento identico nel presente. Nulla è cambiato nella vita del poeta, ma il ricordo ha la capacità di ammansire la malinconia perché è parte di quelle sensazioni "vaghe e indefinite", quelle illusioni capaci di consolare dalla coscienza dell'"arido vero".

Tematico

Alla luna, il cui titolo originale era La ricordanza, affronta il tema del ricordo, il quale è capace di riscrivere la realtà rendendola migliore. Esso, sebbene sia legato a un momento triste e doloroso, ha potere consolatorio e inoltre la "rimembranza", secondo Leopardi, ha altissimo valore estetico, poiché rende "poeticissimo" ogni oggetto, in quanto "è essenziale e principale nel sentimento poetico", in base a quanto egli scrive nella pagina dello Zibaldone, il suo quaderno di pensieri e riflessioni, del 14 dicembre 1828. La lontananza nel tempo, come anche quella nello spazio, rende le immagini indeterminate, "vaghe e indefinite", che creano l'atmosfera poetica.

Con gli aggettivi "graziosa" (v. 1) e "diletta" (v. 10) rivolti alla luna attraverso le apostrofi/anafore che la designano quale interlocutrice prediletta, il poeta instaura un dialogo affettuoso con il corpo celeste, che crede partecipe al proprio dolore. In questa fase della poesia leopardiana, il poeta crede che la natura sia matrigna solo verso se stesso e non verso l'intero genere umano, posizione che modificherà nella fase successiva della sua produzione, soprattutto nelle Operette morali e nei Canti pisano-recanatesi.

In questo componimento egli richiama con "or volge l'anno" (v.2) un identico momento dell'anno precedente, descrivendo un notturno in cui la luna illumina il colle dove egli si trova e i boschi circostanti, ricordando di come il pianto gli facesse apparire sfocato quel paesaggio idilliaco. Con il poliptoto "era mia vita / ed è, né cangia stile" (v.9) egli ritorna al presente e lascia partire una riflessione sulla natura del ricordo che costituisce propriamente il tema della poesia. La memoria di un tempo passato che si ripresenta davanti ha i suoi occhi ha natura consolatoria poiché capace di prolungare e modificare il tempo della giovinezza, in cui solitamente le speranze sono le illusioni capaci di suscitare felicità nell'essere umano. Per Leopardi, la cui vita non fu mai lieta nemmeno in gioventù, soffermarsi nel ricordo è una via d'uscita dalla cruda realtà.

Negli ultimi due versi, che Leopardi aggiunge in una fase molto più tardiva, in cui ha modificato il suo pensiero invecchiando, viene ancor di più sottolineato il carattere ingannevole delle speranze, sempre destinate ad essere deluse, e quello consolatorio del ricordo, che produce immagini comunque più felici rispetto al dolore presente.

Stilistico

Alla luna è un idillio in endecasillabi sciolti, in cui cioè non vi è un utilizzo regolare della rima. Esso si presenta come un breve blocco costituito di un'unica strofa in cui sono distinguibili due sezioni speculari, forma molto simile a quella che Leopardi aveva scelto per L'infinito. La prima sezione è un notturno aperto e chiuso dalle due apostrofi "O graziosa luna" (v. 10) e "mia diletta luna" (v.10) con il punto fermo lo conclude nel mezzo del verso 10. La sezione dei vv. 10-16 contiene una classica riflessione leopardiana sul ricordo e la speranza, il che costituisce l'innovazione che il poeta apporta al genere dell'idillio, forma metrica di ascendenza greca in cui si descrivono in pochi versi paesaggi naturali o rurali.

Il ritmo del componimento è dolce e pacato, intinto in un'atmosfera di "vago e indefinito". Angoscia e dolcezza possono coesistere poiché è il ricordo a provocare sensazioni di quiete: contribuisce a questo scopo anche la frequente allitterazione della consonante "l". Il lessico impiegato dal poeta è letterario e nel componimento sono presenti diversi riferimenti alla tradizione, tra i quali è possibile individuare il Petrarca del Canzoniere (v. 2 "or volge l'anno"; v. 7 ("alle mie luci", metafora tipica nella poesia di Petrarca per indicare gli occhi) o al v. 9 ("né cangia stile").


Confronti


Alla Luna presenta molteplici punti di contatto con altri celebri componimenti leopardiani. A partire da quelli che lo precedono immediatamente nei Canti, vediamo che in esso è ripetuta la struttura ad unica strofa con suddivisione speculare de L'infinito, così come a livello di contenuto è significativo che il poeta chiami "graziosa" e "diletta" la luna a cui si rivolge e nell'Infinito sono a lui "cari" il colle e la siepe che gli impediscono di guardare l'orizzonte ma gli permettono di lasciarsi prendere dalle fantasie dell'immaginazione. La sera del dì di festa, poesia che precede immediatamente Alla luna nei Canti è anch'essa aperta da un notturno:

1. Dolce e chiara è la notte e senza vento,
2. e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
3. posa la luna, e di lontan rivela
4. serena ogni montagna.

Anche in questo caso Leopardi si abbandona a una riflessione, sull'amore e le speranze, contemplando dalla finestra la luna che sovrasta il paesaggio urbano. In Alla luna il paesaggio è quasi selvatico, con il "colle" (v2) e la "selva" (v.4) che però danno luogo a un'ulteriore riflessione sulla memoria, come se fosse passato un anno appunto tra i momenti dell'Infinito e La sera del dì di festa e quello di questo componimento.

Nella produzione più tardiva, avendo cambiato posizioni e idee sulla natura matrigna e il destino proprio e degli altri esseri umani, Leopardi ritorna sul dialogo lunare con Canto notturno di un pastore errante dell'Asia. A dieci anni di distanza la luna, "giovinetta immortal", sarà la rappresentante della Natura "madre di parto e di voler matrigna" (definizione che troviamo in La ginestra, o il fiore del deserto). Non sarà più perciò "graziosa" e "diletta" ma totalmente indifferente alle riflessioni e al dolore del poeta che attraverso il personaggio del pastore a lei si rivolge. Negli anni dei Grandi idilli o Canti pisano-recanatesi Leopardi torna di nuovo sul tema del ricordo con Le ricordanze (e ricordiamo che il nome originale di Alla luna era appunto La ricordanza). La memoria del poeta è risvegliata da un'analoga situazione:

1. Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
2. Tornare ancor per uso a contemplarvi
3. Sul paterno giardino scintillanti,
4. E ragionar con voi dalle finestre
5. Di questo albergo ove abitai fanciullo,
6. E delle gioie mie vidi la fine.

Si tratta di un ritorno del poeta nella dimora natale a Recanati e in questo caso, contemplando il cielo com'egli era solito fare nella Sera al dì di festa e Alla luna, guardando la costellazione dell'Orsa maggiore viene suscitato il ricordo degli anni giovanili. Nonostante il mutamento di posizione maturato negli anni, il ragionamento sulla memoria che Leopardi conduce nelle Ricordanze è identico a quello di Alla luna: le immagini vaghe e indefinite della memoria, anche se dolorose, sono consolatorie rispetto all'amarezza delle speranze frustrate del presente.

Valutando positivamente l'azione della memoria nell'essere umano Leopardi si collega e capovolge un concetto di lunga data nella letteratura italiana. Ad esempio, Dante, nell'episodio di Paolo e Francesca (Canto V dell'Inferno) metteva in bocca alla sua eroina le parole «Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria /». Paolo e Francesca sono dannati nel girone dei lussuriosi e condannati a essere trasportati senza sosta da un vento inarrestabile. Il ricordo del loro amore in vita è perciò estremamente doloroso. Come sempre accade nel pessimismo leopardiano, vediamo che invece è sempre possibile per il poeta trovare nel ricordo e nell'illusione una consolazione al dolore e alla sofferenza.


Domande e Risposte


A quale sezione dei Canti appartiene Alla luna?
Alla luna fa parte della sezione nota come piccoli idilli.

Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale del componimento è la consolazione del ricordo.

Qual è la forma metrica di Alla luna?
Alla luna è un idillio in endecasillabi sciolti, privi cioè di rima.

Qual era il nome originale della poesia?
Il primo titolo dato da Leopardi al componimento era La ricordanza

Quando sono stati aggiunti gli ultimi due versi della poesia?
Gli ultimi versi sono stati aggiunti tardivamente e appaiono solo nell'edizione dei Canti del 1835.

Da quale componimento è preceduta nei Canti?
La poesia è preceduta da La sera nel dì di festa dove troviamo già Leopardi che contempla il cielo notturno.

Fonti: libri scolastici superiori

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