Parafrasi, Analisi e Commento di: "A Silvia" di Giacomo Leopardi


Immagine Giacomo Leopardi
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giacomo Leopardi
Titolo dell'Opera: Canti
Prima edizione dell'opera: La prima edizione è l'edizione Piatti uscita nel 1831, ma l'edizione definitiva e completa è quella del 1835
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Strofe libere con alternarsi irregolare di endesillabi e settenari e rime libere. Vi sono anche diverse assonanze: "mortale - il limitare ", "core – chiome", "rimembri – ridenti", "sedevi – rimembri", "sedevi – ridenti", "avvenir – ridenti", "avvenir – rimembri", "avvenir – sedevi", "avevi – rimembri", "avevi – ridenti", "avevi – avvenir", "solevi – rimembri", "solevi – ridenti", "solevi – avvenir" e consonanze: "mortale – lieta" (incrociata), "mortale – tela", "tela – lieta" (incrociata), "fato – fati"



Introduzione


"A Silvia" è una delle poesie più celebri di Giacomo Leopardi, composta nel 1828 e inclusa nei "Canti". Questa lirica fa parte del ciclo dei "Grandi Idilli", in cui Leopardi esplora con profonda intensità i temi della giovinezza perduta, dell'illusione e del disincanto. Il poeta si rivolge a Silvia, una giovane figura femminile idealizzata che rappresenta non solo un amore giovanile ma anche la personificazione della speranza e della bellezza svanita.

Attraverso il ricordo di Silvia, Leopardi riflette sulla fugacità della vita e sulla dolorosa consapevolezza che i sogni e le aspettative giovanili sono inevitabilmente destinati a infrangersi contro la dura realtà. "A Silvia" è un dialogo malinconico con il passato, dove il tono nostalgico e l'uso di immagini suggestive esprimono il contrasto tra il vivace entusiasmo della giovinezza e l'amara delusione dell'età adulta. La poesia diventa così un emblema del pessimismo leopardiano, in cui il dolore esistenziale è legato all'ineluttabile destino umano di sofferenza e disillusione.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Silvia, rimembri ancora
2. Quel tempo della tua vita mortale,
3. Quando beltà splendea
4. Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
5. E tu, lieta e pensosa, il limitare
6. Di gioventù salivi?

7. Sonavan le quiete
8. Stanze, e le vie dintorno,
9. Al tuo perpetuo canto,
10. Allor che all'opre femminili intenta
11. Sedevi, assai contenta
12. Di quel vago avvenir che in mente avevi.
13. Era il maggio odoroso: e tu solevi
14. Così menare il giorno.

15. Io gli studi leggiadri
16. Talor lasciando e le sudate carte,
17. Ove il tempo mio primo
18. E di me si spendea la miglior parte,
19. D'in su i veroni del paterno ostello
20. Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
21. Ed alla man veloce
22. Che percorrea la faticosa tela.
23. Mirava il ciel sereno,
24. Le vie dorate e gli orti,
25. E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
26. Lingua mortal non dice
27. Quel ch'io sentiva in seno.

28. Che pensieri soavi,
29. Che speranze, che cori, o Silvia mia!
30. Quale allor ci apparia
31. La vita umana e il fato!
32. Quando sovviemmi di cotanta speme,
33. Un affetto mi preme
34. Acerbo e sconsolato,
35. E tornami a doler di mia sventura.
36. O natura, o natura,
37. Perché non rendi poi
38. Quel che prometti allor? perché di tanto
39. Inganni i figli tuoi?

40. Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
41. Da chiuso morbo combattuta e vinta,
42. Perivi, o tenerella. E non vedevi
43. Il fior degli anni tuoi;
44. Non ti molceva il core
45. La dolce lode or delle negre chiome,
46. Or degli sguardi innamorati e schivi;
47. Né teco le compagne ai dì festivi
48. Ragionavan d'amore.

49. Anche peria fra poco
50. La speranza mia dolce: agli anni miei
51. Anche negaro i fati
52. La giovanezza. Ahi come,
53. Come passata sei,
54. Cara compagna dell'età mia nova,
55. Mia lacrimata speme!
56. Questo è quel mondo? questi
57. I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
58. Onde cotanto ragionammo insieme?
59. Questa la sorte dell'umane genti?
60. All'apparir del vero
61. Tu, misera, cadesti: e con la mano
62. La fredda morte ed una tomba ignuda
63. Mostravi di lontano.
1. Silvia, ti ricordi ancora
2. quel periodo della tua vita terrena,
3. In cui la bellezza risplendeva
4. nei tuoi occhi sorridenti e sfuggenti
5-6. e tu, felice e pensierosa, eri sul punto di superare la soglia della gioventù?

7. Del suono della tua voce si riempivano le silenziose
8. Stanze, e le strade circostanti,
9. Quando tu tutti i giorni (perpetuo) cantavi canzoni,
10. Nel momento della giornata (allor) in cui, intenta alle attività tipicamente femminili, 11. sedevi, molto felice,
12. su quel futuro indefinito e desiderato che avevi in mente.
13. Era il mese di maggio, pieno di profumi: tu eri solita
14. passare così le giornate.

15-16. Io, staccando di tanto in tanto gli occhi dagli studi piacevoli e i libri che mi affaticavano (le sudate carte),
17-18. sui quali si consumava (="si spendea" del v. 18) il tempo della mia giovinezza ("l'eta mia prima") e la parte migliore di me,
19. dai balconi ("i veroni") della casa di mio padre
20. tendevo l'orecchio al suono della tua voce
21. e a quello della tua mano che scorreva veloce
22. E con fatica tesseva la tela.
23. Contemplavo il cielo sereno,
24. le strade illuminate dal sole che sembravano d'oro e i giardini
25. e qui da una parte ("quinci") vedevo da lontano il mare e dall'altra la montagna.
26. Le parole di un uomo ("Lingua mortal") non possono esprimere
27. ciò che io provavo nel cuore.

28. Che pensieri dolci,
29. che speranze, che sentimenti ("cori), o mia Silvia!
30. Come ci sembravano allora
31. la vita umana e il destino!
32. Quando mi ricordo ("sovviemmi" di aver provato una speranza così grande),
33. mi opprime un sentimento
34. Sconsolato di incompiutezza ("acerbo"),
35. E torno a piangere della mia sfortuna.
36. Natura, natura,
37. perché non esaudisci con il tempo ("rendi poi")
38-39. Le promesse che hai fatto prima? Perché inganni così tanto i tuoi figli?

40. Tu, prima che l'inverno arrivasse a seccare le erbe,
41. consumata e sconfitta da una malattia improvvisa ("chiuso morbo"),
42. morivi, o mia tenera Silvia. E non vedevi
43. la parte migliore ("il fiore") dei tuoi anni;
44. non ti lusingava ("molceva") il cuore
45. la dolce lode dei tuoi capelli neri,
46. o degli sguardi innamorati e segreti;
47. né le compagne nei giorni festivi
48. parlavano d'amore con te.

49. Poco dopo morirono ("moria") anche
50-52. le mie dolci speranzi: anche a me il destino negò la giovinezza. Ahimè,
53. come sei svanita nel nulla,
54. cara compagna della mia giovinezza,
55. mia compianta speranza!
56. È dunque questo quel mondo (di cui cantavi)?
57. Sono questi i piaceri, gli amori, le ambizioni, gli avvenimenti
58. di cui tanto parlammo insieme?
59. È questo il destino degli uomini?
60. Non appena la dura verità ci è apparsa,
61-63. tu sei miseramente svanita: e indicavi con la mano la fredda morte e una tomba spoglia.



Parafrasi discorsiva


Silvia, ti ricordi ancora quel periodo della tua vita terrena, in cui la bellezza risplendeva nei tuoi occhi sorridenti e sfuggenti e tu, felice e pensierosa, eri sul punto di superare la soglia della gioventù? Del suono della tua voce si riempivano le stanze silenziose e le strade circostanti quando ogni giorno ("perpetuo", v.9) tu cantavi canzoni, nel momento della giornata in cui, intenta alle attività tipicamente femminili, sedevi, molto felice, su quel futuro indefinito e desiderato che avevi in mente. Era il mese di maggio, pieno di profumi: tu eri solita passare così le giornate. Io, staccando di tanto in tanto gli occhi dagli studi piacevoli e i libri che mi affaticavano ("le sudate carte" v.16), sui quali si consumava (="si spendea" del v. 18) il tempo della mia giovinezza ("il tempo mio primo" v.17)) e la parte migliore di me, dai balconi ("i veroni" v.19) della casa di mio padre tendevo l'orecchio al suono della tua voce e a quello prodotto dalla tua mano che scorreva veloce e con fatica tesseva la tela. Contemplavo il cielo sereno, le strade illuminate dal sole che sembravano d'oro e i giardini e qui da una parte ("quinci" v. 25) vedevo da lontano il mare e dall'altra la montagna.Le parole di un uomo ("Lingua mortal") non possono esprimere ciò che io provavo nel cuore.

Che pensieri dolci, che speranze, che sentimenti ("cori" v.29), o mia Silvia! Come ci sembravano felici allora la vita umana e il destino! Quando mi ricordo ("sovviemmi", v.32) di aver provato una speranza così grande, mi opprime un sentimento sconsolato di incompiutezza ("acerbo" v.34), e torno a piangere della mia sfortuna. Natura, natura, perché non esaudisci con il tempo ("rendi poi" v.37) le promesse che hai fatto prima? Perché inganni così tanto i tuoi figli? Tu, prima che l'inverno arrivasse a seccare le erbe, consumata e sconfitta da una malattia improvvisa ("chiuso morbo", v. 41), morivi, o mia tenera Silvia. E non vedevi la parte migliore ("il fiore" v.43) dei tuoi anni; non ti stuzzicava ("molceva", v.44) il cuore lusingandoti la lode garbata dei tuoi capelli neri, o degli sguardi innamorati e segreti; né le compagne nei giorni festivi parlavano d'amore con te.

Poco dopo morirono ("moria") anche le mie dolci speranze: anche a me il destino negò la giovinezza. Ahimè, come sei svanita nel nulla, cara compagna della mia giovinezza, mia compianta speranza! È dunque questo quel mondo (di cui cantavi)? Sono questi i piaceri, gli amori, le ambizioni, gli avvenimenti di cui tanto parlammo insieme? È questo il destino degli uomini? Non appena la cruda verità ci è apparsa, tu sei miseramente svanita: e indicavi con la mano la fredda morte e una tomba spoglia.


Figure Retoriche


Apostrofi: v. 1, v. 29, v. 43, v. 36, vv. 54-55, v. 61: "Silvia", "o Silvia mia", "o tenerella". Leopardi si rivolge direttamente a Silvia e dialoga con lei, "o natura, o natura". Il discorso del poeta si rivolge alla natura crudele che inganna l'essere umano, "cara compagna dell'età mia nova, mia lacrimata speme", "tu misera": sono i momenti in cui il poeta si rivolge contemporaneamente a Silvia e alla speranza identificando quest'ultima con il destino dell'amica defunta.

Allitterazioni: v. 2, v. 4, v. 6, v. 11, v. 12, v. 13, v. 28, v. 42, v. 42, v. 46, v. 47, v. 63, v. 2, v. 10, v. 25, v. 12: ricorre la sillaba "vi", che è presente anche nel nome "Silvia": "vita", "fuggitivi", "salivi", "sedevi", "avevi", "solevi", "soavi", "perivi", "vedevi", "schivi", "festivi", "mostravi", delle lettere "t": "tempo-tua-vita-mortale" ed "l": "quel-della- mortale", "allorchè-all'-femminili", di "m" ed "n": "e quinci il mar da lungi e quindi il monte", della "v": "vago-avvenir-avevi".
L'insistenza del suono "vi" accentua la musicalità del componimento e sottolinea gli imperfetti che Leopardi utilizza per dare ritmo narrativo alla poesia. Più in generale, gli gli effetti di suono come le allitterazioni nella poesia leopardiana sostituiscono il ritmo musicale dato tradizionalmente dalla rima regolare, assente nella forma metrica della canzone libera che il poeta sceglie nei grandi idilli.

Enumerazione: v. 57: I "diletti, l'amor, l'opre, gli eventi".
Viene accelerato il ritmo poetico nell'elenco per creare un effetto di abbondanza nel numero delle speranze che si nutrono in gioventù.

Enjambements: vv. 7-8, vv. 49-50, vv. 52-53, vv. 56-57, vv. 62-63: "sonavan le quiete / stanze". Si sottolinea il silenzio astratto rotto dalla voce della ragazza, "peria fra poco / la speranza mia dolce". Si pone l'accento sulla fine/morte delle illusioni giovanili nell'animo del poeta "negaro i fati / la giovanezza". Evidenziata la crudeltà della natura nei confronti di Leopardi "questi / i diletti", "la fredda morte ed una tomba ignuda / mostravi". Viene enfatizzata l'immagina della tomba spoglia e quindi della morte che pone fine a ogni sogno umano.

Chiasmi: vv. 15-16, v. 62: "io gli studi leggiadri... e le sudate carte". La figura descrive il piacere e la fatica legata allo studio, "fredda morte, tomba ignuda": viene rafforzato il concetto di aridità della morte e lo spegnimento delle speranze.

Metonimia: v. 16, v. 22, v. 27: "sudate carte", "faticosa tela", "lingua mortal".
Nelle prime due metonimie (v. 16 e v. 22) vengono associati caratteri legati alla fatica del lavoro ad oggetti, non sono le carte e la tela ad essere sudate o affaticate ma chi vi lavora. Nella terza metonimia (v. 27) viene indicata la lingua come parte essenziale del corpo che permette l'espressione del linguaggio e della poesia negli uomini.

Iperbato: vv. 17-18, vv. 51-52: "ove il tempo mio primo / e di me si spendea la miglior parte", "agli anni miei anche negaro i fati / la giovanezza".
Queste inversioni inversioni innalzano il livello poetico del linguaggio utilizzato da Leopardi e legano il concetto degli anni di gioventù sprecati dal poeta.

Climax: vv. 28-29: "che pensieri soavi, che speranze, che cori...".
Figura che esprime l'esaltazione legata al ricordo degli anni giovanili.

Ossimori: v. 5: "lieta e pensosa".
Opposizione in cui si da una descrizione del carattere felice ma allo stesso tempo preoccupato della ragazza.

Epifrasi: vv. 15-16: "io gli studi leggiadri / talor lasciando e le sudate carte".
Figura che aggiunge il senso della fatica e descrive il sentimento di Leopardi verso gli amati studi.

Zeugma: vv. 20-21: "porgea gli orecchi al suon della tua voce / e alla man veloce".
La dipendenza di entrambi predicati dall'unico verbo "porgea" indica che il poeta ascoltava e sentiva contemporaneamente la voce e il rumore della mano sulla tela.

Anagramma: vv. 1 e 6: "Silvia... salivi".
L'inversione delle lettere nella parola crea un effetto di musicalità e corrispondenze di senso nella domanda retorica che apre il componimento.

Metafore: v. 5, v. 43: "il limitare di gioventù", con il "limitare" (il confine) viene indicata l'età della ragazza, alla fine dell'adolescenza; "il fior degli anni tuoi". Il fiore sta ad indicare l'età matura in cui il seme dell'infanzia è giunto alla sua forma compiuta.

Parallelismi: v. 25: "e quinci il mar da lungi, e quindi il monte".
La figura crea un effetto visivo in cui viene descritto il paesaggio (presumibilmente quello di Recanati) in cui il poeta può vedere dalla finestra sia i monti che il mare.

Epanalessi: v. 36, v. 53: "o natura, o natura", "come, / come passata sei..".
La ripetizione sottolinea il pathos del rancore verso la natura e il dolore del ricordo.

Anafore: vv. 28-29, vv. 38-39, vv. 56-59: "Che pensieri soavi, / Che speranze, Che cori", "perché non rendi poi..../ perché di tanto...", "questo è quel mondo? Questi / i diletti... / Questa la sorte...".
Il ripetere la forma introduttiva di esclamazione e domande conferisce calore e intensità alle sensazioni e i sentimenti che il poeta descrive.


Analisi e Commento


Storico-letterario

A Silvia è contenuta, come quasi tutta la produzione poetica di Giacomo Leopardi, nei Canti. La raccolta fu composta a fasi alterne tra il 1818 e il 1836 nel corso di tutta la vita del poeta. Con Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante dall'Asia, Il passero solitario, La quiete dopo la tempesta, Il risorgimento e Le ricordanze la lirica fa parte dei cosiddetti grandi idilli, serie di componimenti in cui Leopardi torna sui temi che aveva già trattato nei piccoli idilli tra il 1819 e il 1821. Tra queste due fasi della produzione poetica dell'autore trascorre un intervallo di sei anni in cui egli si dedica alla stesura delle Operette morali e si è registrato un mutamento nel suo pensiero. Egli è arrivato alla consapevolezza dell'"arido vero" dopo la fine delle illusioni giovanili. I grandi idilli sono conosciuti anche come Canti pisano-recanatesi dai luoghi in cui furono composti e A Silvia è la prima poesia del nuovo ciclo, scritta da Leopardi mentre egli si trovava a Pisa. Rispetto ai piccoli idilli, brevi componimenti in cui alla descrizione di paesaggi naturali Leopardi associava sensazioni legate all'interiorità, nei grandi idilli le scene descritte dal poeta sono accompagnate da riflessioni di natura filosofica sul rapporto tra piacere, gioia e illusioni e consapevolezza dell'aridità del vero. Anche dal punto di vista metrico si verifica un mutamento: Leopardi aveva già adottato nella produzione giovanile l'endecasillabo sciolto, nei Canti pisano-recanatesi egli porta a maturità la forma della canzone libera, detta anche canzone leopardiana perché proprio dal poeta di Recanati fu resa celebre rispetto alla tradizione.

A Silvia, come gli altri grandi idilli, è un componimento dove le strofe non hanno lunghezza regolare e sono alternati endecasillabi e settenari senza che vi sia un utilizzo sistematico della rima. La Silvia protagonista della lirica è stata identificata con Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta giovanissima di tubercolosi circa dieci anni prima. Il nome "Silvia" è quindi immaginario e deriva probabilmente da quello della protagonista dell'Aminta di Tasso. Il componimento è già presente nell'edizione Piatti dei Canti nel 1931 e poi ricompare nelle due edizioni successive (1835 e 1845) in cui nel frattempo Leopardi continua ad aggiungere componimenti alla raccolta. Il tema trattato è quello della fine delle illusioni che il poeta associa alla giovinezza, argomento presente generalmente in tutta la sua poetica ma soprattutto in Il sabato del villaggio e La quiete dopo la tempesta, composte nello stesso periodo.

Tematico

In A Silvia Leopardi pone al centro del componimento il tema della disillusione e della fine delle speranze, che vanno a infrangersi contro la consapevolezza delle verità della vita e della crudeltà della natura. A livello strutturale, la lirica è il racconto di un ricordo in cui il poeta si rivolge direttamente alla ragazza riportando alla mente un periodo in cui, giovani entrambi, nutrivano enormi e vaghe speranze nel futuro. Leopardi mette quindi a paragone ciò che il destino ha destinato alla ragazza, ossia una morte improvvisa in giovane età, e ciò che ha riservato a lui, sarebbe a dire una vita infelice condizionata dalla malattia: il poeta soffriva di malattie reumatiche e di scoliosi, deformazione che attribuì al troppo tempo dedicato agli "studi leggiadri... e le sudate carte" (vv. 15-16). Alla descrizione del ricordo e alla narrazione del comune destino di sfortuna segue poi la riflessione filosofica e personale dell'ultima strofa, in cui il poeta crea un parallelo tra la morte di Silvia e la morte delle proprie speranze. Questo tipo di struttura, nella quale ai quadri descrittivi segue un momento esplicativo di riflessione filosofica, è comune a tutti i grandi idilli leopardiani.

Il componimento si apre con una domanda retorica: il poeta si rivolge con un'apostrofe ("Silvia, rimembri ancora...", v.1) alla ragazza rievocando il momento in cui essa si apprestava a varcare la soglia dell'età adulta ("il limitare di gioventù", vv. 5-6), nel pieno della bellezza. Segue poi una strofa descrittiva (vv. 7-14) che ritrae la fanciulla come fosse all'interno di un quadro. Il poeta le ricorda di quando, sedendo al telaio nelle giornate primaverili, era solita cantare canzoni sui propri sogni e su ciò che sperava l'avvenire le portasse. Nella strofa successiva (vv. 15-27) il ricordo viene narrato dalla prospettiva di Leopardi, che sentendo la ragazza cantare, si distraeva dagli amati ma faticosi studi che sempre lo occupavano. Dal balcone della casa di suo padre si fermava incantato a guardare il panorama e ascoltare il canto e il rumore della mano della ragazza che scorreva sul telaio, provando momenti di grande felicità. La quarta strofa (vv. 28-39) spazza via il ricordo e Leopardi, sempre rivolgendosi a Silvia, le rivela di come il ricordare quegli attimi sia in realtà estremamente doloroso poiché i momenti felici sono per lui finiti. Con una nuova apostrofe ("o natura, o natura", v.36) il poeta cambia destinatario e chiama in causa la natura matrigna, fonte delle sue sfortune personali ma anche di quelle dell'intero genere umano, che essa inganna riempiendo i propri figli di speranze che poi tradisce ("perché di tanto inganni i figli tuoi?", v. 39).

Nelle ultime due strofe (vv. 40-63) Leopardi riprende in mano il parallelismo tra sé e Silvia rivolgendosi di nuovo a lei: egli svela a questo punto che la ragazza è morta solo pochi mesi dopo quella scena che egli aveva descritto nelle strofe precedenti ("pria che l'erbe inaridisse il verno", v.40), spiegando di come le fossero state negate anzitempo le gioie della bellezza, dell'amicizia e dell'amore. Con i versi "Anche peria fra poco / La speranza mia dolce: agli anni miei / Anche negaro i fati / La giovanezza" (vv. 59-62) Leopardi rivela di come anche la propria gioventù sia stata stroncata da circostanze sfortunate – egli si ammalò infatti tra il 1815 e il 1816, ad appena 17 anni di età e i malori lo tormentarono per tutta la vita. La nuova apostrofe "ahi come passata sei / cara compagna dell'età mia nova / mia lacrimata speme!", (vv. 52-56) ha riferimento ambiguo e contiene il messaggio dell'intero componimento. Leopardi infatti confonde volutamente la compagna dell'età nova (Silvia) e la lacrimata speme, sovrapponendo il destino di morte che le ha colpite entrambe. Rivolgendosi quindi contemporaneamente alla ragazza e alla speranza il poeta chiude il componimento affermando che alla scoperta del Vero ("all'apparir del vero", v.60) tutte le illusioni siano destinate a sparire e morire, sepolte sotto una lapide arida e spoglia.

È importante sottolineare perciò che Silvia, al di là della ragazza che Leopardi ha conosciuto in gioventù, è in questa lirica il simbolo della giovinezza, dell'amore, dell'allegria e del vago fantasticare giovanile, improvvisamente interrotto dalla morte. La fine di Silvia e la sua caduta rappresentano anche la morte di ogni speranza o sogno del poeta.

Stilistico

A Silvia è una canzone libera o canzone libera leopardiana, forma metrica che prende il nome proprio dal poeta che meglio seppe valorizzarla. Si tratta di un componimento formato da strofe libere con alternarsi irregolare di endecasillabi e settenari a rima libera. Le rime si trovano ai vv. 4-6 ("fuggitivi – salivi"), 12-13 ("avevi-solevi"), 16-18 ("carte-parte"), 20-21 ("voce-veloce"), 32-33 ("speme-preme"), 35-36 ("sventura-natura"), 46-47 ("schivi-festivi"), 61-63 ("mano-lontano"). Troviamo anche diverse assonanze: "mortale – il limitare" ; "core – chiome"; "rimembri – ridenti"; "sedevi – rimembri"; "sedevi – ridenti"; "avvenir – ridenti"; "avvenir – rimembri"; "avvenir – sedevi"; "avevi – rimembri"; "avevi – ridenti"; "avevi – avvenir"; "solevi – rimembri"; "solevi – ridenti"; "solevi – avvenir" e consonanze: "mortale – lieta" (incrociata); "mortale – tela"; "tela – lieta" (incrociata); "fato – fati". Questi effetti di suono conferiscono musicalità al componimento sostituendo il tradizionale schema rimico.

Nell'intera lirica è presente un senso di vaghezza e un senso di indefinito. Nel descrivere la figura della ragazza gli elementi realistici sono risicati e l'unico particolare fisico cui si accenna sono gli "occhi ridenti e fuggitivi" (v. 4) che ne sottolineano l'atteggiamento spensierato e felice ma anche riflessivo. L'ambiente circostante (le stanze, il panorama) è rarefatto e caratterizzato solo da pochi aggettivi evocativi: "quiete", "odoroso", "sereno", "dorate". Molti sono i termini provenienti dal campo semantico del vago e indefinito: "fuggitivi", "quiete", "perpetuo", "vago", "odoroso", "lungi", "dolce". Leopardi vuole descrivere la scena attraverso il filtro del ricordo e rende per tale ragione le immagini sfocate.

È interessante notare anche la contrapposizione nell'utilizzo dei tempi verbali. L'imperfetto domina le immagini giovanili del ricordo nelle strofe 1, 3 e 5, in cui la sintassi è scorrevole, mentre il presente è utilizzato nelle strofe della constatazione e del dolore, sarebbe a dire la 4 e la 6, ricche di incisi, esclamazioni e domande retoriche. Anche se la poesia si chiude con l'immagine lugubre della tomba, è bene notare come essa sia piena di immagini di vita e gioia. Leopardi vuole levare un grido di protesta contro la natura "matrigna" che nega la gioia all'uomo: egli non si rassegna al dolore, ma, pur nella disperazione, non rinuncia mai a rivendicare il diritto alla felicità. La scelta stilistica dell'imperfetto e delle ripetute apostrofi dirette alla ragazza vanno in questa direzione: nonostante la ragazza sia morta e le speranze giovanili del poeta svanite, egli continua a dialogare con loro ed evocarle alla mente, poiché la dolcezza delle illusioni è comunque una consolazione fortissima contro il dolore della verità.


Confronti


La poesia deve il suo titolo a una citazione: Silvia non è infatti il vero nome della ragazza ma un'evocazione della protagonista dell'Aminta di Torquato Tasso. Alla letteratura rinascimentale è riconducibile anche l'enumerazione per asindeto "i diletti, gli amor, l'opre, gli eventi" (v.57), che richiama il celebre incipit dell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto ("Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori"). L'Aminta, dramma pastorale a carattere mitologico e fiabesco, e l'Orlando, poema cavalleresco, sono due generi ricchi di elementi fantastici, sovrannaturali e favolosi. Il riferimento che Leopardi pone non è dunque casuale: egli vuole sottolineare ancora una volta il carattere astratto e illusorio delle immagini che evoca nella poesia.

In A Silvia sono presenti molti dei classici temi leopardiani, sviluppati secondo l'evoluzione che ne caratterizza il pensiero nelle varie fasi della sua produzione. Innanzitutto, l'aria vaga e indeterminata delle immagini evocate è dovuta a una serie di situazioni che il poeta associa al sogno o alle illusioni. In questo componimento è il filtro del ricordo a rendere sfocata e dilatata l'immagine della ragazza che canta e tesse, il poeta la osserva attraverso una finestra sporgendosi dal balcone. Qualcosa di simile accade ne L'infinito, ad esempio: è la presenza della siepe che non permette al poeta di vedere il panorama ciò che lo autorizza a "fingersi nel pensiero" altrove e immaginare spazi e ambienti favolosi. La presenza di un ostacolo concreto alla vista riusciva quindi a far liberare l'immaginazione e creare immagini più belle di quelle reali. Anche in A Silvia viene posto questo discorso: la bellezza e la dolcezza del ricordo, seppure illusorie, sono migliori rispetto alla miseria della condizione reale e attuale in cui il poeta vive.

L'associazione della gioia e della felicità alla giovinezza è un altro dei temi maggiori di Leopardi ed è sviluppato pienamente ne Il sabato del villaggio. In quel caso, con i vv. 45-48: "cotesta età fiorita / è come un giorno d'allegrezza pieno / giorno chiaro, sereno, / che precorre alla festa di tua vita", si ponevano a paragone le speranze della gioventù con l'atmosfera di serenità che gli abitanti del villaggio, soprattutto i ragazzi, respiravano alla vigilia del giorno di festa. Essi, dopo aver faticato, si riempivano di speranze preparandosi al giorno di riposo. Nel Sabato del villaggio il poeta lasciava che la dolce illusione restasse viva e si manteneva un umore gioioso, in A Silvia le speranze di gioventù sono associate al destino impietoso della ragazza e l'atmosfera del componimento è più cupa e lugubre, con il poeta che pone la propria infelicità attuale e quella di Silvia accanto all'immagine lieta del ricordo.

La scena di una ragazza osservata o piuttosto evocata attraverso una finestra era già stata descritta da Leopardi ne La sera del dì di festa. Si registra in questo confronto l'evoluzione del pessimismo del poeta. Nella lirica, composta nel 1820 e facente parte dei piccoli idilli, il poeta evocava una fanciulla dormiente di cui egli si era innamorato senza che lei nemmeno si accorgesse di lui:

7. tu dormi, ché t'accolse agevol sonno
8. nelle tue chete stanze; e non ti morde
9. cura nessuna; e giá non sai né pensi
10. quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
11. Tu dormi: io questo ciel, che sí benigno
12. appare in vista, a salutar m'affaccio,
13. e l'antica natura onnipossente,
14. che mi fece all'affanno. — A te la speme
15. nego — mi disse, — anche la speme; e d'altro
16. non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. —

("Tu dormi": io mi affaccio a salutare questo cielo che all'apparenza sembra così sereno / e l'eterna natura che può tutto / che mi creò per soffrire / mi disse: "A te tolgo la speranza, anche la speranza; / e i tuoi occhi non devono brillare per altri motivi se non per le lacrime")

In questo caso, e in tutta la produzione giovanile, Leopardi afferma che la condizione di infelicità, sofferenza e malinconia che la natura gli ha riservato è solo personale, mentre per le altre persone il mondo è capace di riservare grandi gioie. In A Silvia, composta a 9 anni di distanza, Leopardi, come aveva già fatto nelle Operette morali, con la domanda retorica "Questa la sorte dell'umane genti?" (v.59) estende il dolore e la disperazione all'intero genere umano, ingannato dalla perfida natura. Tuttavia vediamo già in questo componimento quel germe di speranza e quell'invito a godere delle illusioni per combattere l'aridità del Vero e la crudeltà della natura, discorso che sarà poi il tema principale de La ginestra, o il fiore del deserto, una delle ultime poesie che il poeta compone prima di morire nel 1837.


Domande e Risposte


A quale sezione dei Canti appartiene A Silvia?
A Silvia fa parte dei Canti pisano-recanatesi o Grandi Idilli, composti tra il 1829 e il 1831.

Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale del componimento è la morte delle speranze giovanili alla scoperta del vero e della crudeltà della natura.

Qual è la forma metrica di A Silvia?
A Silvia è una canzone libera o canzone leopardiana in strofe irregolari di endecasillabi e settenari.

Chi è la ragazza di cui si parla nel componimento?
Il vero nome della ragazza è Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta giovanissima di tubercolosi.

Da dove viene il nome Silvia?
Leopardi prende il nome dall'eroina dell'Aminta di Torquato Tasso.

Cosa descrivono i celebri vv. 15-16 "Io gli studi leggiadri/ Talor lasciando e le sudate carte"?
Il rapporto di Leopardi con gli studi, amati tantissimo ma estremamente faticosi.

Fonti: libri scolastici superiori

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