Martin Heidegger - Sull'essere per la morte inautentico e autentico


Immagine Martin Heidegger
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


In un famoso passaggio di "Essere e tempo", distribuito in vari paragrafi, Heidegger esplora il significato della morte nel contesto dell'esistenza umana e sottolinea l'importanza di affrontare consapevolmente l'unica certezza assoluta della nostra condizione. Nei brani che presentiamo, Heidegger descrive come la coscienza comune, immersa nella quotidianità, tenda a respingere il pensiero della morte e quindi introduce l'autenticità della scelta di essere-per-la-morte. Riflettere sulla morte, anticiparla e tenerla costantemente presente nella nostra mente, significa riconoscere che essa è l'unica possibilità veramente propria dell'Esserci. Le altre possibilità che rappresentano le normali opzioni della vita (le attività fattibili che mi si presentano nell'ambiente circostante come possibili progetti), mantengono la mia esistenza nell'ambito della strumentalità che caratterizza tutte le cose del mondo; quando le confronto con la morte, queste possibilità perdono il loro significato e l'angoscia derivante dalla loro scomparsa dissolve anche il potere del mondo su di me. Secondo Heidegger, in questa consapevolezza risiede la libertà dell'esistenza, che coincide con la svalutazione di tutto ciò a cui l'uomo comune attribuisce valore.


Lettura


La morte è una possibilità di essere che l'Esserci stesso deve sempre assumersi da sé. Nella morte l'Esserci incombe a se stesso nel suo poter-essere più proprio. In questa possibilità ne va per l'Esserci puramente e semplicemente del suo essernel-mondo. La morte è per l'Esserci la possibilità di non-poter-più-esserci. Poiché in questa sua possibilità l'Esserci incombe a se stesso, esso viene completamente rimandato al suo poter-essere più proprio. In questo incombere dell'Esserci a se stesso, si dileguano tutti i rapporti con gli altri Esserci.

Questa possibilità assolutamente propria e incondizionata è, nel contempo, l'estrema. Nella sua qualità di poter-essere, l'Esserci non può superare la possibilità della morte. La morte è la possibilità della pura e semplice impossibilità dell'Esserci. Così la morte si rivela come la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile. Come tale è un'imminenza incombente eccelsa. La sua possibilità esistenziale si fonda nel fatto che l'Esserci è in se stesso essenzialmente aperto e lo è nel modo dell'avanti-a-sé. Questo momento della struttura della Cura ha la sua concrezione più originaria nell'essere-per-la-morte. L'essere-per-la-fine si rivela fenomenicamente come l'essere per la possibilità eccelsa dell'Esserci caratterizzata.

Questa possibilità più propria, incondizionata e insuperabile, l'Esserci non se la crea però accessoriamente e occasionalmente nel corso del suo essere. Se l'Esserci esiste, è anche già gettato in questa possibilità. Innanzi tutto e per lo più l'Esserci non ha alcuna «conoscenza» esplicita o addirittura teorica di essere consegnato alla morte e che perciò essa fa parte del suo essere-nel-mondo.

L'esser-gettato nella morte gli si rivela nel modo più originario e penetrante nella situazione emotiva dell'angoscia. L'angoscia davanti alla morte è angoscia «davanti» al poter-essere più proprio, incondizionato e insuperabile. Il davanti-a-che dell'angoscia è l'essere-nel-mondo stesso. Il per-che dell'angoscia è il poter-essere puro e semplice dell'Esserci.

L'angoscia non dev'essere confusa con la paura del decesso. Essa non è affatto una tonalità emotiva di «depressione», contingente, casuale, del singolo; in quanto situazione emotiva fondamentale dell'Esserci, essa costituisce l'apertura dell'Esserci al suo esistere come esser-gettato per la propria fine. Si fa così chiaro il concetto esistenziale del morire come esser-gettato nel poter-essere più proprio, incondizionato e insuperabile, e si fa più netta la differenza rispetto al semplice scomparire, al puro cessare di vivere e infine all'«esperienza vissuta» del decesso. [...]

Attraverso la situazione emotiva tipica della quotidianità e mediante quell'atteggiamento di superiorità «ansiosamente» preoccupato, anche se apparentemente privo di angoscia di fronte al «fatto» certo della morte, la quotidianità tradisce una certezza «superiore» a quella puramente empirica. Si sa della certezza della morte, ma non si «è» autenticamente certi della propria. La quotidianità deiettiva dell'Esserci conosce la certezza della morte, eppure elude l'esserne certa. Questa elusione testimonia fenomenicamente, proprio in virtù di ciò che essa elude, che la morte deve esser concepita come la possibilità più propria, incondizionata, insuperabile e certa.

Si dice: «La morte verrà certamente, ma, per ora, non ancora». Con questo «ma...» il Si contesta alla morte la sua certezza. […] Questo pensiero è costantemente rimandato a un «più tardi», facendo appello alla cosiddetta «opinione generale». In tal modo il Si nasconde ciò che la certezza della morte ha di caratteristico, ossia che essa è possibile a ogni attimo. La certezza della morte si accompagna alla indeterminatezza del suo «quando». L'essere-per-la-morte la elude attribuendo alla morte il carattere della determinatezza. [...]

È possibile per l'Esserci comprendere autenticamente la possibilità più propria, incondizionata, insuperabile, certa e come tale indeterminata? E possibile, cioè, che esso si mantenga in un essere-per-la-fine autentico? Finché questo essere-perla-morte autentico non sarà stato evidenziato e determinato ontologicamente, l'interpretazione esistenziale dell'essere-per-la-fine continuerà a restare incompleta. [...] Di fatto l'Esserci si mantiene, innanzi tutto e per lo più, in un essere-per-lamorte inautentico. Come dev'essere caratterizzata «oggettivamente» la possibilità ontologica di un essere-per-la-morte autentico se, in ultima analisi, l'Esserci non si rapporta mai autenticamente alla propria fine e se questo essere autentico, per il suo senso stesso, resta inevitabilmente nascosto agli altri? [...]

Abbiamo fissato il concetto esistenziale della morte e, con esso, ciò a cui deve rapportarsi un essere-per-la-fine autentico. È stato inoltre caratterizzato l'essere-per-lamorte inautentico ed è stato stabilito negativamente ciò che un essere-per-la-morte autentico non può essere. In base a queste indicazioni positive e negative dev'essere possibile progettare la struttura esistenziale di un essere-per-la-morte autentico.

L'Esserci è costituito dall'apertura, cioè da una comprensione emotivamente situata. Un essere-per-la-morte autentico non può eludere la possibilità più propria e incondizionata, né può coprirla fuggendo e reinterpretarla per la comprensibilità del Si. Il progetto esistenziale di un essere-per-la-morte autentico deve quindi chiarire i momenti di un simile essere che lo costituiscono come comprensione della morte nel senso di un essere che non fugge e non copre la sua possibilità più propria.

Prima di tutto bisogna caratterizzare l'essere-per-la-morte in quanto essere-per una possibilità, e precisamente per una possibilità eminente dell'Esserci stesso.

Essere-per una possibilità, cioè per un possibile, può significare: mirare a un possibile nel senso di prendersi cura della sua realizzazione. Nel campo dell'utilizzabile e della semplice-presenza si incontrano continuamente possibilità di questo genere: il raggiungibile, il controllabile, il fattibile e così via. Il mirare a un possibile prendendosene cura tende all'annullamento della possibilità del possibile rendendolo disponibile. Ma la realizzazione che procura un utilizzabile (il fabbricare, il preparare, il sostituire eccetera) è sempre soltanto relativa, perché anche il «realizzato» conserva ancora il carattere ontologico dell'appagatività. Benché realizzato, esso rimane sempre, in quanto reale, un possibile-per… qualcosa di caratterizzato dal «per». [...]

La morte, in quanto possibile, deve allora palesarsi il meno possibile nella sua possibilità. Al contrario, nell'essere-per-la-morte, se esso, comprendendo, deve dischiudere questa possibilità come tale, la possibilità deve esser compresa senza indebolimenti come possibilità, deve esser sviluppata come possibilità e in ogni comportamento verso di essa deve essere sopportata come possibilità. [...]

La vicinanza massima dell'essere-per-la-morte come possibilità coincide con la sua lontananza massima possibile da ogni realtà. Quanto più questa possibilità è compresa senza veli, tanto più puramente la comprensione penetra nella possibilità in quanto impossibilità dell'esistenza in generale. La morte, in quanto possibilità, non offre niente «da realizzare» all'Esserci e niente che esso stesso possa essere come realtà attuale. Essa è la possibilità dell'impossibilità di ogni comportamento verso... ogni esistere. [...]

L'essere-per-la-morte è essenzialmente angoscia. Una testimonianza infallibile, benché «soltanto» indiretta, è offerta dall'essere-per-la-morte stesso quando capovolge l'angoscia in una paura codarda e, con il superamento di quest'ultima, manifesta la viltà davanti all'angoscia.
Ciò che caratterizza l'essere-per-la-morte autentico progettato sul piano esistenziale può essere riassunto così: l'anticipazione svela all'Esserci la dispersione nel Si-stesso e, sottraendolo fino in fondo all'aver cura che si prende cura, lo pone innanzi alla possibilità di essere se stesso, in una libertà appassionata, affrancata dalle illusioni del Si, effettiva, certa di se stessa e piena di angoscia: la libertà per la morte.


Guida alla lettura


1) La morte, scrive Heidegger, è per l'Esserci «la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile». Che cosa significa?
Secondo Heidegger, la morte è per l'Esserci "la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile". Questo significa che la morte è l'unica possibilità che appartiene completamente e inevitabilmente all'Esserci (l'essere umano). È "propria" perché è un evento che riguarda ciascun individuo in modo unico e personale; è "incondizionata" perché non dipende da altre condizioni o circostanze; ed è "insuperabile" perché non può essere evitata o superata.

Heidegger sostiene che, poiché la morte rappresenta la possibilità della pura e semplice impossibilità dell'Esserci (cioè l'impossibilità di continuare a essere nel mondo), essa è un evento che ci richiama alla nostra condizione più autentica e fondamentale. La consapevolezza della morte dissolve i rapporti strumentali con il mondo e gli altri, ponendoci di fronte alla nostra esistenza più autentica e libera dalle illusioni e dalle preoccupazioni quotidiane.

2) Che differenza c'è tra angoscia e depressione, secondo Heidegger?
Secondo Heidegger, l'angoscia e la depressione sono concetti distinti. L'angoscia è descritta come una situazione emotiva fondamentale dell'Esserci che costituisce l'apertura dell'Esserci al suo esistere come esser-gettato per la propria fine. L'angoscia davanti alla morte non deve essere confusa con la paura del decesso o con una tonalità emotiva di "depressione". La depressione, infatti, è considerata una condizione emotiva contingente e casuale del singolo, mentre l'angoscia è una condizione esistenziale che riflette la consapevolezza del poter-essere più proprio, incondizionato e insuperabile dell'Esserci.

3) Sintetizza i modi ordinari di allontanare la morte, descritti da Heidegger.
Heidegger descrive diversi modi ordinari con cui la coscienza comune allontana il pensiero della morte. Ecco una sintesi basata sul testo:

Coinvolgimento nella quotidianità: La coscienza comune, immersa nei pensieri e negli affetti della vita quotidiana, tende a distogliere il pensiero della morte. Questo è dovuto alla concentrazione su progetti e attività che mantengono l'esistenza nell'ambito della strumentalità delle cose del mondo.
Superiorità ansiosamente preoccupata: Anche se apparentemente priva di angoscia, la quotidianità dimostra un atteggiamento di superiorità preoccupata nei confronti del fatto certo della morte. Si sa della morte ma non si è autenticamente certi della propria morte.
Elusione della certezza della morte: La coscienza comune elude l'essere certa della propria morte attraverso una sorta di rassicurazione: "La morte verrà certamente, ma, per ora, non ancora." Questo pensiero è costantemente rimandato a un "più tardi", facendo appello alla cosiddetta "opinione generale".
Attribuzione di determinatezza alla morte: La quotidianità cerca di eludere la morte attribuendole un carattere di determinatezza, non riconoscendo la sua indeterminatezza, ossia il fatto che essa può avvenire in qualsiasi momento.

Questi meccanismi dimostrano come la coscienza comune eviti di affrontare autenticamente la propria finitudine e la certezza della morte.

4) Che cosa significa dire che l'essereper-la-morte è pensare una possibilità che «coincide con la sua lontananza massima possibile da ogni realtà»?
Dire che l'essere-per-la-morte è pensare una possibilità che "coincide con la sua lontananza massima possibile da ogni realtà" significa che la morte, come possibilità, è qualcosa che non si può mai realizzare o concretizzare mentre si è in vita. È una possibilità che, pur essendo sempre presente e incombente, non può mai essere un fatto concreto o attuale nel corso dell'esistenza. Questa idea si basa sul concetto che la morte rappresenta l'impossibilità stessa dell'esistenza: è la possibilità di non poter più essere, e quindi non si può trattare come una qualsiasi altra possibilità che può essere realizzata o gestita.

Nel testo, si afferma che "la vicinanza massima dell'essere-per-la-morte come possibilità coincide con la sua lontananza massima possibile da ogni realtà". Questo indica che, anche se comprendiamo la morte come un evento certo che accadrà, la sua natura di possibilità resta puramente teorica e mai pratica finché siamo vivi. La morte non offre niente da realizzare o da cui l'Esserci possa trarre qualcosa di concreto. Essa è quindi la "possibilità dell'impossibilità" di qualsiasi comportamento o esistenza attuale, segnando la fine di ogni progetto e di ogni possibilità di essere.

In altre parole, la morte è una possibilità sempre presente che, tuttavia, rimane sempre al di fuori della sfera delle possibilità realizzabili durante la vita, rendendola così la più distante dalla realtà attuale di tutte le possibilità che l'Esserci può contemplare.


Guida alla Comprensione


1) Qual è, a tuo parere, il motivo per cui, nella vita quotidiana, gli individui cercano di eludere il pensiero della certezza della morte? Perché secondo Heidegger questo significa sfuggire alla comprensione autentica dell'esistenza?
Secondo il testo, gli individui nella vita quotidiana cercano di eludere il pensiero della certezza della morte per diverse ragioni. Una delle principali è la tendenza della coscienza comune a essere coinvolta nella quotidianità dei pensieri e degli affetti della vita. Questo coinvolgimento nella vita di tutti i giorni porta le persone a distogliere il pensiero dalla morte, spingendola in un futuro indeterminato con frasi come "La morte verrà certamente, ma, per ora, non ancora". Questa elusione, secondo Heidegger, è un modo per evitare l'angoscia esistenziale che deriva dal confrontarsi con la propria fine.

Heidegger sostiene che questa elusione significa sfuggire alla comprensione autentica dell'esistenza perché la morte rappresenta la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile dell'Esserci. Il pensiero della morte, quando è pienamente compreso e anticipato, permette all'individuo di vedere tutte le altre possibilità della vita come relative e strumentali. Affrontare la morte in modo autentico libera l'Esserci dalle illusioni della quotidianità e dalla strumentalità delle cose del mondo, consentendo una comprensione più profonda e autentica della propria esistenza. L'essere-per-la-morte autentico, quindi, si contrappone alla quotidianità deiettiva, che evita di confrontarsi con questa possibilità estrema, ineluttabile e permette di vivere con una libertà appassionata e consapevole della propria finitezza.

In sintesi, nella vita quotidiana, gli individui eludono il pensiero della morte per evitare l'angoscia esistenziale che essa comporta. Secondo Heidegger, questa elusione impedisce una comprensione autentica dell'esistenza, poiché solo confrontandosi con la propria mortalità l'Esserci può liberarsi dalle illusioni del Si e vivere una vita veramente autentica e libera.

2) Dalla lettura del testo si ricava, a tuo parere, che accettare la morte significa semplicemente pensarla nella sua possibilità?
No, dal testo si ricava che accettare la morte secondo Heidegger non significa semplicemente pensarla nella sua possibilità. Accettare la morte implica un coinvolgimento più profondo:

Comprensione della Morte come Possibilità: Heidegger afferma che la morte è la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile dell'Esserci. Non è solo un fatto empirico da riconoscere ma una condizione esistenziale che deve essere compresa e accettata nella sua totalità.
Anticipazione e Autenticità: L'essere-per-la-morte autentico richiede l'anticipazione della morte, che comporta non solo il pensiero ma l'accettazione emotiva e l'integrazione di questa possibilità nella propria esistenza. La comprensione autentica della morte va oltre il semplice riconoscimento razionale e si radica in una comprensione esistenziale profonda, che include l'angoscia come componente fondamentale.
Differenza tra Angoscia e Paura del Decesso: Heidegger distingue tra l'angoscia esistenziale verso la propria morte e la paura del decesso. L'angoscia è una risposta emotiva fondamentale e autentica alla possibilità della morte, mentre la paura del decesso è una reazione superficiale e contingente. Accettare la morte in modo autentico implica vivere e comprendere questa angoscia, piuttosto che semplicemente temere la morte come evento futuro.
Superamento dell'Elusione Quotidiana: Il testo sottolinea che la quotidianità tende a eludere la morte, rimandandone il pensiero a un futuro indeterminato. L'essere-per-la-morte autentico, invece, richiede di non fuggire o coprire questa possibilità ma di affrontarla direttamente e integrarla nella propria esistenza.

Quindi, accettare la morte secondo Heidegger significa non solo pensarla come una possibilità futura, ma integrarla nella propria esistenza con autenticità e consapevolezza, affrontando l'angoscia che essa comporta.

3) Perché orientarsi a realizzare una possibilità fattibile nel corso della vita significa per Heidegger mantenersi nell'ambito strumentale dell'utilizzabilità?
Secondo Heidegger, orientarsi a realizzare una possibilità fattibile nel corso della vita significa mantenere l'Esserci nell'ambito strumentale dell'utilizzabilità perché ciò implica il perseguimento di obiettivi che si riferiscono alla sfera dell'utilità e della semplice-presenza. Questi obiettivi includono il raggiungibile, il controllabile, il fattibile e altre possibilità che rientrano nel campo dell'ambiente quotidiano. Tuttavia, questa realizzazione resta sempre relativa e legata al carattere ontologico dell'appagatività, poiché anche ciò che viene realizzato rimane un possibile-per qualcosa, mantenendo così un rapporto strumentale e utilitario con il mondo circostante.

4) Spiega il nesso che esiste tra angoscia e anticipazione della morte, in quanto condizioni per vivere una «libertà appassionata, affrancata dalle illusioni del Si».
Il testo sottolinea che l'angoscia è una condizione fondamentale per l'essere-per-la-morte autentico. Questa angoscia non è una semplice paura del decesso, ma piuttosto una testimonianza dell'essere-per-la-morte stesso. L'angoscia rivela l'essenza dell'esserci e lo sottrae fino in fondo alle illusioni del "Si", cioè alla superficialità dell'esistenza quotidiana. Questo processo di sottrazione porta l'esserci a confrontarsi con la propria possibilità di essere se stesso in modo autentico.

L'anticipazione della morte, quindi, non è solo un pensiero razionale sulla fine della vita, ma è un'esperienza emotiva e situata che rivela la dispersione dell'esserci nel "Si-stesso", ossia nelle convenzioni e nelle false sicurezze dell'esistenza quotidiana. Questa anticipazione, attraverso l'angoscia, porta l'esserci a confrontarsi con la propria possibilità di essere autentico, liberandosi dalle illusioni del "Si" e vivendo una libertà appassionata.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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