Martin Heidegger - Essere con gli altri e prendersi cura di loro


Immagine Martin Heidegger
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il paragrafo 26 di "Essere e tempo" analizza la particolarità degli enti che non sono semplici cose nel mondo dell'Esserci, ossia gli altri esseri umani. Heidegger dimostra che il loro incontro non può essere ridotto a una semplice classificazione come oggetti utilizzabili: prima di tutto, essi ci appaiono simili a noi, e solo in un secondo momento possiamo vederli come diversi. Essere "con" loro nel mondo implica includerli nella nostra cura verso gli altri enti. Il modo in cui interpretiamo questa cura verso gli altri è soggetto all'alternativa tra inautenticità e autenticità, proprio come il rapporto con noi stessi. Sapremo prenderci cura degli altri solo riconoscendo loro la piena libertà di prendersi cura di se stessi. Da questa consapevolezza, potremo iniziare a prenderci cura del mondo insieme.


Lettura


La nostra analisi si è limitata finora a ciò che si incontra nel mondo come mezzo utilizzabile o quale natura semplicemente-presente, cioè all'ente con carattere difforme dall'Esserci. Questa limitazione era necessaria non solo al fine della semplicità espositiva, ma soprattutto perché il modo di essere dell'Esserci che si incontra nel mondo è diverso dall'utilizzabile e dalla semplice-presenza. Il mondo dell'Esserci rilascia dunque un ente che non solo è, in generale, diverso dai mezzi e dalle cose, ma che, conformemente al suo modo di essere (in quanto Esserci), è anch'esso «nel» mondo nel modo di essere dell'essere-nel-mondo e come tale è incontrato nel mondo. Questo ente non è né un utilizzabile né una semplice-presenza, ma è così com'è l'Esserci stesso che lo rilascia: anch'esso ci è con. Se mai si volesse identificare il mondo in generale con l'ente intramondano, si dovrebbe dire che il «mondo» è anche Esserci.

La caratterizzazione dell'incontro con gli altri prende così di nuovo le mosse dall'Esserci sempre proprio. Ma, in tal caso, non finirà per muovere anch'essa dalla delimitazione e dall'isolamento dell'«io», per cercare poi un passaggio da questo soggetto isolato agli altri? Per ovviare a questo fraintendimento va tenuto presente il senso in cui qui si parla di «altri». «Gli altri», in questo caso, non significa coloro che restano dopo che io mi sono tolto. Gli altri sono piuttosto quelli dai quali per lo più non ci si distingue e fra i quali, quindi, si è anche. [...]

Gli altri non si incontrano cogliendoli in base a una distinzione preliminare di sé, come soggetto innanzi tutto semplicemente-presente, dai restanti soggetti, essi pure semplicemente-presenti; non quindi guardando a se stesso quale fondamento della contrapposizione agli altri. Gli altri si incontrano a partire dal mondo in cui l'Esserci prendente cura e preveggente ambientalmente si mantiene essenzialmente. Contro le facili «spiegazioni» teoretiche della semplice-presenza degli altri, è necessario tener fermo il dato fenomenico rilevato che l'incontro con gli altri ha luogo nell'ambientalità mondana. [...]

Innanzi tutto e per lo più l'Esserci si comprende a partire dal suo mondo, e il con-Esserci degli altri è incontrato, in varie forme, a partire dall'utilizzabile intramondano. Ma anche quando gli altri divengono per così dire tematici nel loro Esserci, non sono mai incontrati come persone-cosa semplicemente-presenti; noi li incontriamo «al lavoro», cioè, in primo luogo, nel loro essere-nel-mondo.

Anche se ci limitiamo a guardare gli altri mentre «fanno niente», essi non ci appaiono mai come cose umane semplicemente-presenti, perché il «far niente» è un modo di essere esistenziale, consistente nel soffermarsi presso tutto e presso nulla, senza prenderne cura e senza previsione ambientale. L'altro si incontra nel suo con-Esserci nel mondo. [...]

Ma se il con-Esserci è esistenzialmente costitutivo dell'essere nel-mondo, tanto esso quanto il commercio ambientale con l'utilizzabile intramondano, definito in precedenza come prendersi cura, devono essere interpretati a partire da quel fenomeno della cura che determina in linea generale l'essere dell'Esserci [...].

Quanto ai modi positivi dell'aver cura ci sono due possibilità estreme. L'aver cura può in certo modo sollevare l'altro dalla «cura» sostituendosi a lui nel prendersi cura, intromettendosi al suo posto. Questo aver cura assume, per conto dell'altro, ciò di cui ci si deve prendere cura. L'altro risulta allora espulso dal suo posto, retrocesso, per ricevere a cose fatte e da altri, già pronto e disponibile, ciò di cui si prendeva cura, risultandone del tutto sgravato. In questa forma di aver cura l'altro può essere trasformato in dipendente e in dominato, anche se il predominio è tacito e dissimulato per chi lo subisce. Questo aver cura, che solleva l'altro dalla «cura», condiziona largamente l'essere-assieme e riguarda per lo più il prendersi cura degli utilizzabili.

Opposta a questa è la possibilità di aver cura la quale, anziché intromettersi al posto degli altri, li presuppone nel loro poter essere esistentivo, non già per sottrarre loro la «cura», ma per inserirli autenticamente in essa. Questa forma di aver cura, che riguarda essenzialmente la cura autentica, cioè l'esistenza dell'altro e non qualcosa di cui egli si prenda cura, aiuta l'altro a divenire trasparente nella propria cura e libero per essa.

L'aver cura si rivela così come una costituzione d'essere dell'Esserci che, nelle sue diverse possibilità, è intrecciata da un lato con l'essere-per il mondo di cui l'Esserci si prende cura e, dall'altro, col suo autentico essere-per il proprio essere. L'essere-assieme si fonda, innanzi tutto e spesso esclusivamente, in ciò di cui in tale essere ci si prende cura assieme. Un essere-assieme che trae origine dal fare le stesse cose resta per lo più non solo limitato a rapporti esterni, ma dominato dal distacco e dalla riserva. L'essere-assieme di coloro che sono impiegati nello stesso affare non si nutre sovente che di diffidenza. Al contrario, l'impegnarsi in comune per la medesima causa è determinato dall'Esserci che è toccato rispettivamente nel proprio. Solo questo legame autentico rende possibile la determinazione giusta della cosa in questione e rimette l'altro alla propria libertà.

L'essere-assieme quotidiano si mantiene tra le due forme estreme dell'aver cura positivo, caratterizzate dal sostituirsi dominando e dall'anticipare liberando; dà così luogo a varie forme miste, la cui descrizione e classificazione esula dai compiti della presente indagine.


Guida alla lettura


1) Come identifichiamo in genere gli enti nel mondo?
In genere, identifichiamo gli enti nel mondo a partire dal loro carattere di mezzo utilizzabile o come natura semplicemente-presente. La nostra analisi si è limitata a ciò che si incontra nel mondo come mezzo utilizzabile o quale natura semplicemente-presente, cioè all'ente con carattere difforme dall'Esserci. Questo approccio era necessario per la semplicità espositiva e perché il modo di essere dell'Esserci è diverso dall'utilizzabile e dalla semplice-presenza.

2) Chiarisci, con parole tue, il significato di questa frase: «“gli altri” […] non significa coloro che restano dopo che io mi sono tolto. Gli altri sono piuttosto quelli dai quali per lo più non ci si distingue e fra i quali, quindi, si è anche».
La frase «“gli altri” […] non significa coloro che restano dopo che io mi sono tolto. Gli altri sono piuttosto quelli dai quali per lo più non ci si distingue e fra i quali, quindi, si è anche» vuol dire che gli "altri" non sono semplicemente le persone che rimangono quando io non ci sono. Al contrario, "gli altri" sono le persone con cui conviviamo e tra le quali non ci differenziamo nettamente. Essi fanno parte del nostro stesso mondo e del nostro stesso contesto di vita, rendendoci simili e non distinti da loro.

3) Quali sono i modi in cui si può aver cura degli altri?
Secondo il testo, ci sono due possibilità estreme per prendersi cura degli altri:

Sollevare l'altro dalla "cura" sostituendosi a lui nel prendersi cura: Questo significa intromettersi al posto dell'altro, assumendo la responsabilità di ciò di cui ci si deve prendere cura. L'altro viene così espulso dalla sua posizione, diventando dipendente e dominato, anche se il predominio è tacito e dissimulato per chi lo subisce. Questo tipo di cura riguarda principalmente il prendersi cura degli utilizzabili.
Presupporre gli altri nel loro poter essere esistentivo: Anziché intromettersi, si inserisce l'altro autenticamente nella cura, aiutandolo a divenire trasparente nella propria cura e libero per essa. Questo tipo di cura riguarda essenzialmente la cura autentica, ossia l'esistenza dell'altro e non qualcosa di cui egli si prenda cura.

Queste due forme estreme dell'aver cura si situano tra il "sostituirsi dominando" e l'"anticipare liberando", e l'essere-assieme quotidiano si mantiene tra queste due forme, dando luogo a varie forme miste.

4) Che cosa intende Heidegger con l'espressione «un essere-assieme che trae origine dal fare le stesse cose»? Presenta alcuni modi in cui si può essere insieme agli altri, indicando come potrebbe stabilirsi, secondo la sua analisi, un «legame autentico».
Heidegger con l'espressione «un essere-assieme che trae origine dal fare le stesse cose» intende riferirsi a un tipo di relazione tra persone che si basa principalmente sull'attività condivisa o sul coinvolgimento in compiti comuni. Questo tipo di essere-assieme tende a essere caratterizzato da rapporti esterni, limitati e spesso dominati dal distacco e dalla riserva. In altre parole, le persone coinvolte in questo tipo di relazione possono lavorare insieme o condividere un obiettivo ma il loro legame rimane superficiale e non autentico, spesso permeato da diffidenza.

Heidegger presenta due modi estremi in cui si può essere insieme agli altri:

Aver cura sostituendosi all'altro: In questo modo, una persona si intromette e si prende cura delle cose al posto dell'altro, sollevandolo dalla responsabilità. Questo comportamento può trasformare l'altro in una persona dipendente e dominata, anche se il predominio può essere tacito e dissimulato.
Aver cura presupponendo l'altro nel suo poter essere esistentivo: Questo modo di prendersi cura dell'altro implica il riconoscimento e il supporto della sua capacità di prendersi cura di sé stesso. Non si sottrae all'altro la responsabilità ma lo si aiuta a essere autenticamente coinvolto nella propria cura. Questa forma di aver cura mira a rendere l'altro trasparente e libero nella propria cura.

Un «legame autentico» secondo Heidegger si stabilisce quando l'essere-assieme è determinato dall'Esserci, toccato nel proprio. Ciò avviene quando le persone si impegnano insieme per una causa comune in modo che ciascuno sia rispettato nella sua individualità e libertà. Questo legame autentico permette una giusta determinazione delle cose in questione e incoraggia la libertà dell'altro nel prendersi cura di sé e del mondo.


Guida alla Comprensione


1) Spiega in che modo il rapporto con gli altri è costitutivo dell'Esserci.
Il rapporto con gli altri è costitutivo dell'Esserci in diversi modi, come descritto nel testo. Heidegger sottolinea che gli altri esseri umani non possono essere catalogati come cose, basandosi sulla loro utilizzabilità. Invece, essi sono incontrati nel loro essere-nel-mondo, ossia nel loro modo di esistere e di prendersi cura delle cose.

Incontro con gli altri: Gli altri sono incontrati a partire dal mondo dell'Esserci e non come entità semplicemente-presenti. Anche quando non sono al lavoro, il loro "far niente" è un modo di essere esistenziale che li distingue dalle cose. Questo significa che il con-Esserci, l'essere-con-gli-altri, è una parte essenziale dell'essere-nel-mondo.
Cura e con-Esserci: L'aver cura (cura) è una costituzione d'essere dell'Esserci. Essa si manifesta nel prendersi cura degli utilizzabili intramondani e degli altri esseri umani. Heidegger descrive due possibilità estreme dell'aver cura:

Sostituirsi all'altro: Questo tipo di cura solleva l'altro dalle sue preoccupazioni, intromettendosi e sostituendosi a lui nel prendersi cura delle cose. Questo può trasformare l'altro in dipendente e dominato.
Presupporre l'altro nel suo poter essere: Questo tipo di cura non intromette ma aiuta l'altro a prendersi cura di sé stesso, rendendolo libero e trasparente nella propria cura.
Essere-assieme: L'essere-assieme è fondato nella cura comune per il mondo. Può essere caratterizzato da rapporti esterni, come quando si fanno le stesse cose, o da un legame autentico quando ci si impegna in comune per una causa. Quest'ultimo tipo di legame autentico permette una giusta determinazione della cosa in questione e riconosce la libertà dell'altro.

In sintesi, il rapporto con gli altri è costitutivo dell'Esserci perché l'Esserci si comprende e si manifesta nel mondo attraverso l'interazione e la cura verso gli altri. L'essere-con-gli-altri non è un'aggiunta esterna ma un elemento intrinseco dell'essere-nel-mondo, influenzando profondamente il modo in cui l'Esserci si relaziona sia con se stesso sia con il mondo.

2) Spiega in che senso, anche se «fanno niente», gli altri «non ci appaiono mai come cose umane semplicemente-presenti».
Secondo il testo, anche quando osserviamo gli altri mentre «fanno niente», essi non ci appaiono mai come cose umane semplicemente-presenti. Questo perché il «far niente» è descritto come un modo di essere esistenziale, che consiste nel soffermarsi presso tutto e presso nulla, senza prendersi cura e senza previsione ambientale. Quindi, l'altro si incontra sempre nel suo con-Esserci nel mondo, non come un oggetto o una cosa semplicemente-presente ma come un essere con noi, in una relazione esistenziale e ambientale.

Questo implica che, a differenza delle cose che sono semplicemente presenti e utilizzabili, gli esseri umani vengono sempre percepiti nel contesto del loro essere nel mondo, con la loro esistenza e le loro relazioni, anche quando apparentemente non stanno facendo nulla di concreto.

3) Riassumi, attingendo alla parte manualistica, il significato generale della «cura», come modalità dell'essere nel mondo in rapporto agli enti. Per quale aspetto Heidegger ritiene assolutamente inapplicabile questo schema al rapporto con gli esseri umani?
Il concetto di "cura" in Heidegger si riferisce alla modalità dell'Esserci nel mondo in rapporto agli enti. Essa implica un'interazione con gli enti che va oltre la mera utilizzabilità, coinvolgendo anche una sorta di preoccupazione o attenzione nei confronti degli altri esseri. Tuttavia, Heidegger ritiene che questo schema non sia applicabile al rapporto con gli esseri umani perché gli altri esseri umani non possono essere ridotti a meri oggetti di cura nel senso utilitaristico. Essi sono esseri che condividono la stessa modalità dell'Esserci nel mondo e pertanto l'approccio della cura nei confronti degli esseri umani deve tener conto della loro libertà e autenticità, piuttosto che trattarli come oggetti da manipolare o controllare.

4) Per Heidegger, l'essere-assieme quotidiano si muove tra due aspetti della cura: il dominio e la liberazione. Quali implicazioni ha, a tuo parere, questa distinzione? Prova ad applicarla a relazioni specifiche (amore, amicizia, rapporto medico-paziente ecc.).
Secondo Heidegger, l'essere-assieme quotidiano si muove tra due forme estreme della cura: il sostituirsi dominando e l'anticipare liberando. Questa distinzione ha implicazioni profonde sulle dinamiche delle relazioni umane.

Nel contesto dell'amore, ad esempio, il sostituirsi dominando potrebbe manifestarsi quando un partner cerca di controllare o manipolare l'altro, decidendo al suo posto e limitando la sua libertà. D'altra parte, l'anticipare liberando si riferisce a un amore che permette all'altro di essere pienamente se stesso, rispettando la sua autonomia e incoraggiandolo a crescere e svilupparsi.

Nell'amicizia, il sostituirsi dominando potrebbe presentarsi quando un amico cerca di imporre la propria volontà sull'altro senza tener conto dei suoi desideri e dei suoi bisogni. Al contrario, l'anticipare liberando si manifesta quando gli amici si supportano reciprocamente nel percorso di crescita personale, rispettando le differenze e incoraggiando l'autenticità.

Nel rapporto medico-paziente, il sostituirsi dominando può accadere quando il medico adotta un atteggiamento paternalistico, decidendo unilateralmente il percorso di cura senza coinvolgere attivamente il paziente nelle decisioni. Al contrario, l'anticipare liberando si traduce in una pratica medica che valorizza l'empowerment del paziente, consentendogli di partecipare attivamente alle decisioni riguardanti la propria salute e il proprio benessere.

In sintesi, la distinzione tra dominio e liberazione nell'essere-assieme quotidiano evidenzia l'importanza di relazioni autentiche e rispettose, dove la cura non è un atto di controllo, piuttosto un sostegno reciproco che permette agli individui di essere pienamente se stessi.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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