Parafrasi, Analisi e Commento di: "Solo et Pensoso" di Francesco Petrarca


Immagine Francesco Petrarca
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Francesco Petrarca
Titolo dell'Opera: Rerum vulgarium fragmenta (Canzoniere)
Data: Tra il 1336 e il 1374
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: E' un Sonetto (14 endecasillabi suddivisi in due quartine e due terzine) avente Rima: ABBA-ABBA-CDE-CDE (incrociata nelle quartine e ripetuta nelle terzine)



Introduzione


Uno dei sonetti più celebri di Francesco Petrarca è "Solo et pensoso", incluso nel suo Canzoniere, composto nel 1337. Questo componimento poetico riflette la struggente condizione del poeta aretino che cerca invano di liberarsi dall'amore per Laura, trovandosi immerso in un isolamento interiore nonostante i suoi sforzi per allontanarsi dal mondo circostante. Oltre a una parafrasi del testo e all'identificazione delle figure retoriche impiegate, nell'analisi di "Solo et pensoso" vengono esplorati i suoi temi, significati, stile e linguaggio, evidenziando la profonda complessità del sentimento amoroso e la struggente lotta interiore del poeta.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Solo et pensoso i più deserti campi
2. vo mesurando a passi tardi et lenti,
3. et gli occhi porto per fuggire intenti
4. ove vestigio human la rena stampi.

5. Altro schermo non trovo che mi scampi
6. dal manifesto accorger de le genti,
7. perché negli atti d'alegrezza spenti
8. di fuor si legge com'io dentro avampi:

9. sì ch'io mi credo omai che monti et piagge
10. et fiumi et selve sappian di che tempre
11. sia la mia vita, ch'è celata altrui.

12. Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
13. cercar non so, ch'Amor non venga sempre
14. ragionando con meco, et io co·llui.
1. Solo e pensieroso i più deserti campi
2. percorro a passo lento
3. e tengo gli occhi attenti affinché io possa fuggire
4. i luoghi segnati da piede umano.

5. Non trovo altro riparo per salvarmi
6. dal fatto che la gente comprende (si riferisce alla comprensione del suo stato interiore),
7. perché negli atti privi di allegria
8. si legge esteriormente come io dentro ardo;

9. tanto che io credo ormai che sia i monti, le pianure,
10. i fiumi e i boschi sappiano di che tenore
11. sia la mia vita, che è nascosta agli altri.

12. Ma tuttavia vie così impervie e solitarie
13. non so cercare, che Amore non venga sempre
14. a parlare con me ed io con lui.



Parafrasi discorsiva


Il poeta descrive la propria solitudine e il suo stato d'animo pensieroso mentre cammina attraverso campi isolati e desolati. Si muove lentamente e con attenzione, cercando di evitare gli sguardi degli altri e concentrato solo sul percorso davanti a sé. Non trova nessun riparo che possa nasconderlo dagli occhi della gente, poiché la sua tristezza interiore è evidente anche nelle sue azioni esterne. Si sente come se la natura stessa conoscesse il segreto della sua vita, celato agli occhi degli altri. Nonostante cerchi di allontanarsi dal mondo e dai sentimenti che lo tormentano, l'Amore continua a raggiungerlo e a dialogare con lui, dimostrando che non può sfuggire alla sua presenza costante.


Figure Retoriche


Allitterazioni: v.1: "Solo et pensoso i più deserti campi" (sillaba "so" con maggior forza sulla "s"), altre allitterazioni possono essere considerate i gruppi consonantici "mp" o "nt"
Endiadi: v.2, vv.9-10: "Solo et pensoso i più deserti campi/vo mesurando a passi tardi et lenti", "sì ch'io mi credo ormai che monti et piagge/ et fiumi et selve sappian di che tempre"
Iperbato: v.3: "et gli occhi porto per fuggire intenti" (ricostruzione: et porto gli occhi intenti per fuggire)
Antitesi: vv.7-8: "atti di allegrezza spenti/di fuor si legge com'io dentro avampi"
Metafora: v.2,v.8: "vo mesurando", "com'io dentro avampi"
Polisindeto: vv.9-10: "monti et piagge/et fiumi et selve sappian di che tempre"
Anastrofe: vv.12-13: "Ma pur sì aspre vie né sì selvagge/cercar non so"
Personificazione: vv.13-14: "ch'Amor non venga sempre/ragionando con meco, et io co°llui"
Sono inoltre presenti diversi enjambement


Analisi e Commento


Solo et pensoso, scritto nel 1337, è uno dei sonetti più famosi dei Rerum vulgari fragmenta di Petrarca, che prenderanno poi successivamente il nome d'una indicazione di genere – Canzoniere – per il tasso innovativo che lo caratterizza. Petrarca infatti conferisce al Canzoniere una struttura organica, ordinando i singoli microtesti in una struttura dotata di un suo significato complessivo.
Protagonista del Canzoniere di Petrarca è sì Laura, sì gli storici protettori del poeta (i Colonna) ma soprattutto Petrarca stesso e gli effetti che il suo amore per Laura produce nel suo animo. L'amore, che caratterizza l'opera ed il poeta, è un amore tormentato, che investe sia l'anima che il corpo. È un amore oscillante tra la passione dei sensi e il vagheggiamento ideale. Un amore inteso come traviamento, da cui il poeta spesso vuole liberarsi per poi però ricadere nel vagheggiamento e nella preghiera.

La natura tormentata di questo amore è evidente nel sonetto Solo et pensoso. La retorica che il poeta utilizza è quella tipica degli opposti: antitesi, anastrofe, iperbato; tutta funzionale ad esprimere la natura opposta del sentimento e l'effetto che esso ha sul suo animo. Nel componimento, che procede lento a causa dell'accentazione dilatata (che rimarca a livello metrico i "passi tardi et lenti"), il poeta è tutto intento alla fuga, alla volontà della solitudine per non divenire oggetto, a causa del suo stato interiore (rimarcato dalla metafora del v.8 "dentro avampi"), del vociare della gente.
Il gioco degli opposti è evidente in particolare nell'antitesi del v.8 ("di fuor si legge com'io dentro avampi"), dove l'effetto del sentimento amoroso è giocato tra esteriorità, che rivela il sentimento, e l'interiorità del poeta, che arde nella passione dell'amore. Nel componimento è quindi evidente come il sentimento amoroso venga vissuto come traviamento dell'animo, come tormento; ed è naturale conseguenza la fuga, non solo dalla gente, ma anche, per certi versi, dal sentimento amoroso stesso. La ricerca della solitudine costringe il poeta a vagare nella natura che, caratterizzata da un paesaggio deserto e segnato solo da pochi riferimenti indeterminati, diventa parte integrante dell'Io lirico, manifestazione del suo tormento.

Una solitudine che però, è evidente nell'ultima terzina, non si realizza, poiché l'Io del poeta viene affiancato dall'onnipresente Amore (sentimento in questo componimento, come sarà in tanti altri, evidentemente tirannico) che, personificato come in tutta l'opera, dice il poeta, "venga sempre ragionando con meco". Si noti, inoltre, come il gioco oppositivo sul quale è costruito il componimento, si vada in certo senso a pacificare nel ritmo musicale e dalla simmetria della sintassi.

Note. Il latinismo "et" è da intendere solo graficamente e non da adattare alla lettura che sarà "e". Alcuni libri di testo riportano infatti "e".


Confronti


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Domande e Risposte


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Fonti: libri scolastici superiori

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