Platone - Il valore della comunanza


Immagine Platone
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel cuore della progettazione della città utopica nella Repubblica, Socrate argomenta che le élite dirigenti devono abbandonare concetti come la proprietà privata e la famiglia. Questa decisione radicale mira a creare un senso di unità totale all'interno della comunità, dove il concetto di cittadinanza comune e il bene pubblico prevalgono su qualsiasi forma di egoismo individuale. Addirittura, i sentimenti e il significato delle parole relative alla proprietà personale saranno ridefiniti: l'idea del "mio" non sarà più legata agli interessi personali, alla dimora individuale o ai propri figli, mentre il concetto di "non mio" non sarà più associato agli interessi degli altri. Questa trasformazione sarà guidata dall'esempio dei governanti, i quali, rinunciando alla proprietà e alla famiglia, dimostrano che il bene della collettività è superiore a qualsiasi interesse o sentimento privato.


Lettura


«E il punto di partenza del nostro accordo non consisterà nel chiederci quale sia il maggior bene che siamo in grado di menzionare in rapporto all'assetto della città – quello che il legislatore deve aver di mira stabilendo le leggi – e quale il male maggiore? e poi nel cercar di vedere se quello che abbiamo ora discusso si adatta alla traccia che conduce al bene, e non corrisponde a quella del male?»
«Proprio così» disse.
«Possiamo allora indicare un male maggiore per la città di ciò che la spezza facendone di una molte? o un bene maggiore di ciò che la lega insieme e la rende una?»
«Non possiamo.»
«E non è dunque la comunanza di piacere e dolore a legare – quando tutti i cittadini gioiscono e si addolorano nel modo più uniforme possibile per le stesse nascite e le stesse morti?»
«È assolutamente così» disse.
«Ma la privatezza di questi atteggiamenti dissolve la città – quando gli uni si abbattono per il dolore, gli altri esultano per la gioia di fronte alle medesime vicende della città e dei suoi cittadini?»
«Come no?»
«E non accade tutto ciò per questo solo motivo quando nella città non si pronunciano all'unisono espressioni come "il mio" e "il non mio", e lo stesso non vale per l'"altrui"?»
«Certo.»
«La città nella quale i più dicono della stessa cosa e secondo lo stesso punto di vista proprio questo, "mio" e "il non mio", non sarà quella meglio governata?»
«E di molto.»
«Dunque anche quella che più si avvicina alla condizione di un solo uomo? Proprio come quando un nostro dito ha subìto un colpo, l'intera comunità che si estende dal corpo all'anima fino a raggiungere il suo principio d'ordine unitario, lo avverte e tutta quanta insieme partecipa al dolore della parte sofferente: è così che diciamo che l'uomo ha male al dito. Lo stesso discorso non vale per qualsiasi altra condizione dell'uomo, a proposito del dolore quando una parte soffre, e del piacere quando essa ha sollievo?»
«Lo stesso» disse: «e, a proposito della tua domanda, la città dotata della costituzione migliore si comporta nel modo più affine a questo modello.»
«Se a uno dei cittadini, penso, accade qualcosa di bene o di male, sarà soprattutto una città così fatta a considerare la vicenda come sua propria, e tutta intera ne godrà o ne soffrirà.»
«Per forza» disse, «visto che ha buone leggi.» [...]
«In chiunque uno si imbatta, riterrà di aver incontrato un fratello o una sorella o un padre o una madre o un figlio o una figlia o i loro discendenti o progenitori.» «Molto bello quello che dici» risposi. «Ma aggiungi anche questo: imporrai loro per legge soltanto di usare questi nomi di parentela, o anche di comportarsi in ogni loro azione in accordo con quei nomi, tributando ai padri tutto ciò che prescrive la legge sui padri, quel rispetto, quella cura, quella obbedienza che si devono ai genitori, salvo altrimenti non potersi attendere alcun favore né da parte degli dèi né da parte degli uomini, perché la loro condotta non sarebbe né pia né giusta? Sarà questa o diversa la pubblica voce che a opera di tutti risuonerà fin da bambini nelle loro orecchie, riguardo sia a quelli che verranno loro indicati come padri, sia agli altri parenti?»
«Questa» disse. «Sarebbe ridicolo se i nomi di parentela venissero solo pronunciati dalla bocca senza influire sulla condotta.»
«Dunque in questa più che in ogni altra città i cittadini useranno in coro, se qualcuno di loro sta bene o male, quell'espressione di cui parlavamo poco fa, dicendo che "le mie cose" vanno bene, oppure "le mie cose" vanno male.»
«Verissimo» disse lui.
«Non dicevamo che a questo modo di pensare e di esprimersi è conseguente l'esperienza in comune di piaceri e dolori?»
«E lo dicevamo correttamente.»
«Dunque i nostri cittadini avranno in comune soprattutto ciò che essi chiameranno "mio"? E avendolo in comune, ne verrà che avranno la più grande comunanza nel provare dolore e piacere?»
«Grande davvero» disse.
«E la causa di tutto questo, oltre al resto dell'assetto della città, non è la comunanza di donne e di figli per i difensori?»
«Di gran lunga la più importante» disse


Guida alla lettura


1) Che cosa significano le espressioni «mio» e «non mio»?
Le espressioni "mio" e "non mio" si riferiscono al concetto di proprietà e appartenenza personale. In questo contesto, quando si parla di "mio", ci si riferisce a ciò che appartiene personalmente a un individuo, come i propri interessi, la propria casa o i propri figli. Al contrario, "non mio" indica ciò che non appartiene all'individuo, come gli interessi, la casa o i figli di altri. Queste espressioni sono utilizzate per delineare i confini della proprietà e dell'identità personale. Tuttavia, nel contesto della città ideale descritta da Platone, l'uso di queste espressioni viene trasformato, poiché l'obiettivo è eliminare il concetto di proprietà individuale e promuovere il senso di comunanza e appartenenza collettiva.

2) Quali sentimenti suggeriscono?
Il brano suggerisce principalmente un cambiamento radicale nella concezione di proprietà e appartenenza nella società idealizzata da Platone. I sentimenti espressi includono un senso di comunanza, solidarietà e condivisione, insieme a un distacco dai legami tradizionali di proprietà privata e famiglia. Si sottolinea l'importanza della cittadinanza comune e del bene pubblico sopra gli interessi e i sentimenti privati.

3) Che cosa vuol dire che la città diventerà simile a un solo uomo?
Nel contesto del dialogo platonico, quando si dice che la città diventerà simile a un solo uomo, si intende che l'intera comunità cittadina agirà e penserà come un'unica entità. Questo concetto si basa sull'idea che, in una città ideale, i cittadini dovrebbero condividere non solo le risorse materiali ma anche i valori, gli ideali e gli interessi comuni. Pertanto, quando si raggiunge uno stato in cui i cittadini agiscono e pensano in armonia, senza considerare gli interessi individuali ma piuttosto il bene comune, si può dire che la città sia simile a un solo uomo, nel senso che mostra un'unione e una coesione notevoli.

4) Come si considereranno tra loro i concittadini?
I concittadini si considereranno tra loro come membri di una stessa famiglia estesa. Si percepiranno come fratelli, sorelle, padri, madri, figli e figlie, oltre che discendenti o progenitori. Questo senso di parentela sarà enfatizzato e reso concreto attraverso leggi e norme che regolano non solo l'uso dei nomi di parentela ma anche il comportamento reciproco. Ciò significa che non solo useranno i nomi di parentela ma si comporteranno di conseguenza, rispettando e trattando gli altri come veri familiari, con il dovuto rispetto, cura e obbedienza.


Guida alla Comprensione


1) Spiega il valore politico che Platone assegna al sentire come proprie le cose comuni.
Nella Repubblica di Platone, il valore politico attribuito al sentire le cose comuni come proprie è fondamentale per la costruzione della città ideale. Platone sostiene che l'abolizione della proprietà privata e della famiglia tra le classi dirigenti porterà alla formazione di una comunità in cui tutti i cittadini condividono gli stessi interessi e il bene pubblico è prioritario rispetto agli interessi individuali.

Questo sentire le cose comuni come proprie è essenziale per la coesione sociale e politica della città ideale, poiché porta i cittadini a identificarsi con il bene pubblico e a partecipare attivamente alla vita politica e sociale della comunità. Quando i cittadini considerano il bene della città come il loro stesso bene, si crea un legame emotivo e morale che favorisce la solidarietà e la cooperazione tra di loro.

Platone ritiene che questa comunanza di sentimenti sia indispensabile per il corretto funzionamento della città e per il conseguimento della giustizia e dell'armonia sociale. Quando i cittadini provano dolore o gioia in modo uniforme per gli eventi che riguardano la comunità nel suo insieme, la città diventa più coesa e meglio governata.

In sintesi, Platone attribuisce un alto valore politico al sentire le cose comuni come proprie poiché favorisce la coesione sociale, la solidarietà e la giustizia nella città ideale da lui immaginata.

2) Che cosa significa usare per i concittadini i nomi di parentela prima usati per i familiari?
Nel contesto del brano, l'uso dei nomi di parentela per i concittadini implica un profondo cambiamento nel modo in cui le persone si relazionano tra loro all'interno della città ideale proposta da Platone. Quando si usano i nomi di parentela per riferirsi ai concittadini, si sta sottolineando un senso di stretta affinità e solidarietà tra gli abitanti della città. Questo implica che i legami di parentela non si limitano più alla famiglia biologica ma si estendono a tutta la comunità cittadina. In pratica, ci si aspetta che i cittadini trattino gli altri con lo stesso rispetto, la stessa cura e l'obbedienza che normalmente riserverebbero ai propri familiari. Questa pratica mira a promuovere una sensazione di appartenenza e coesione all'interno della comunità, contribuendo così a creare un senso di unità e solidarietà tra i cittadini.

3) In che modo l'abolizione della proprietà e della famiglia per le classi dirigenti influirà sul modo di sentire degli altri?
Secondo quanto espresso nel testo, l'abolizione della proprietà privata e della famiglia per le classi dirigenti avrà un impatto significativo sul modo in cui gli altri cittadini percepiranno i concetti di proprietà e affetto familiare. Socrate spiega che questa radicale riforma porterà a un cambiamento nei sentimenti e nel significato delle parole associate a ciò che è proprio. Ciò significa che le persone non percepiranno più concetti come "mio" pensando ai loro interessi personali, alla loro casa o ai loro figli, né "non mio" pensando agli interessi degli altri. Questo cambiamento nel linguaggio rifletterà un cambiamento più ampio nella società, dove il bene pubblico sarà considerato al di sopra di ogni interesse o sentimento privato. In sostanza, l'abolizione della proprietà e della famiglia per le classi dirigenti porterà a una visione della cittadinanza basata sulla condivisione e sul benessere collettivo, anziché su interessi individuali.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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