Aristotele - Il desiderio di conoscere e le sue forme


Immagine Aristotele
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il desiderio di conoscenza distingue gli esseri umani dagli animali, afferma Aristotele nel libro I della Metafisica. Egli esplora le varie forme di questo desiderio, iniziando con il piacere derivante dall'acquisizione di informazioni attraverso i sensi. Inizialmente, la ricerca di conoscenza mira all'utilità immediata ma, col tempo, diventa interessante e desiderabile per sé stessa. Aristotele sostiene che il vero amore per la conoscenza si manifesta quando l'interesse per l'utilità è superato e la sopravvivenza è garantita. Egli evidenzia anche la progressione naturale nel processo conoscitivo, partendo dalle sensazioni fino alla formazione di esperienza e poi alla tecnica e alla scienza. Questo schema viene dettagliatamente analizzato in altre opere come "L'anima" e "Gli Analitici secondi".


Lettura


Tutti gli uomini aspirano per natura alla conoscenza. Ne è segno l'amore che portano per le sensazioni: e infatti le gradiscono di per sé, indipendentemente dall'uso che ne possono fare, e tra tutte preferiscono le sensazioni che hanno attraverso gli occhi. Preferiamo la vista a tutto, si può dire, non soltanto ai fini dell'azione, ma anche quando non dobbiamo far nulla. La causa di ciò consiste nel fatto che la vista ci dà conoscenza più di tutti gli altri sensi, e ci rivela molte differenze. Per natura gli animali nascono forniti di sensibilità; da questa in alcuni si genera la memoria, in altri no. Perciò i primi sono più intelligenti e più adatti a imparare di quelli che non sono capaci di ricordare. Sono intelligenti, pur senza avere la capacità di imparare, gli animali che non possono udire i suoni (per esempio l'ape e altri animali del genere, se ce ne sono); imparano invece quelli che, oltre alla memoria, hanno anche la sensazione dell'udito. Gli altri animali conducono la vita con immagini e ricordi, ma partecipano poco dell'esperienza. Il genere umano invece conduce la propria vita con arte e con ragionamenti. Negli uomini dalla memoria nasce l'esperienza, perché molti ricordi della medesima cosa costituiscono un'esperienza. E, se sembra che in qualche modo l'esperienza sia simile alla scienza e all'arte, in realtà, attraverso l'esperienza, scienza e arte pervengono agli uomini, perché, come dice giustamente Polo, l'esperienza ha generato l'arte, l'inesperienza il caso. L'arte nasce quando da molte nozioni che derivano dall'esperienza si forma una credenza unica e universale intorno ai casi che sono simili. Ritenere che a Callia, ammalato di una determinata malattia, una cosa determinata ha fatto bene, e che questa cosa ha fatto bene a Socrate e a molti altri presi individualmente è esperienza; sapere che quella cosa ha fatto bene a tutti quelli di un certo tipo, definiti secondo un'unica specie, ammalati di una malattia determinata, per esempio che ha fatto bene a flemmatici o a biliosi arsi dalla febbre, è proprio dell'arte. Sembra che l'esperienza non si distingua affatto dall'arte nelle applicazioni pratiche, anzi vediamo che gli empirici riescono anche meglio di quelli che hanno la ragione delle cose senza averne l'esperienza. La causa di ciò consiste nel fatto che l'esperienza è conoscenza delle cose individuali, mentre l'arte è conoscenza degli universali, e le azioni e i mutamenti concernono tutti le cose individuali: infatti il medico non guarisce l'uomo, se non accidentalmente, ma guarisce Callia o Socrate o qualcun altro, chiamato in modo simile, per il quale è accidentale essere uomo; e se qualcuno conoscesse la ragione della malattia, ma non ne avesseesperienza, e conoscesse l'universale, ma ignorasse l'individuale in esso contenuto, spesso sbaglierebbe la cura, perché ciò che si deve curare è l'individuale. E tuttavia crediamo che chi ha l'arte conosce una cosa e se ne intende di più di chi ne ha esperienza, e riteniamo che coloro che praticano l'arte siano più sapienti degli empirici, in quanto in tutti la sapienza è una conseguenza più del conoscere che della pratica: e ciò è dovuto al fatto che chi possiede l'arte conosce la causa, gli altri no. Infatti gli empirici sanno che cosa c'è, ma non sanno perché, mentre chi possiede l'arte sa perché, e conosce la causa. Per questo riteniamo che quelli che dirigono, in ogni caso, siano più importanti e abbiano più conoscenza degli operai manuali, e siano anche più sapienti, perché conoscono le cause delle opere che vengono eseguite. I lavoratori manuali sono come certi esseri inanimati, i quali operano senza sapere ciò che fanno, come il fuoco che brucia, con la differenza che le cose inanimate fanno ciascuna di queste operazioni per natura, mentre i lavoratori manuali agiscono per abitudine. Perciò coloro che posseggono l'arte saranno più sapienti non perché sanno fare le cose, ma perché posseggono la ragione di ciò che fanno e ne conoscono le cause. In generale il segno che si sa o non si sa una cosa è la possibilità d'insegnarla, e anche per questo riteniamo che l'arte sia scienza più che l'esperienza: infatti coloro che possiedono l'arte sono in grado di insegnare, mentre coloro che non la posseggono non sono in grado di farlo. Inoltre pensiamo che nessuna sensazione sia sapienza, anche se le sensazioni sono le conoscenze più valide delle cose individuali: il fatto è che le sensazioni non ci dicono il perché di nessuna cosa, per esempio non ci dicono perché il fuoco è caldo ma soltanto che è caldo. È verisimile che dapprincipio chi trovò un'arte andando oltre le sensazioni comuni fosse oggetto di ammirazione da parte degli uomini, non soltanto per l'utilità di qualcuna delle invenzioni, ma come un sapiente e un uomo che si distingueva dagli altri. Tra le molte arti che sono state trovate, alcune riguardano le cose necessarie, mentre le altre badano solo a rendere la vita più piacevole: ebbene gli inventori delle seconde furono sempre ritenuti più sapienti di quelli delle prime, perché il loro sapere non ha di mira l'utilità. Sicché, quando già tutte le arti di questo tipo erano state inventate, furono trovate le scienze che non badavano né al piacere né al necessario, e furono scoperte là dove era possibile praticare l'ozio: per questo le arti matematiche si costituirono per la prima volta in Egitto, dove la casta sacerdotale poteva dedicarsi all'ozio. [...] Ma sono oggetti di scienza nel grado più alto le cose che sono prime e che sono cause, perché attraverso esse e a partire da esse si conoscono le altre cose, mentre esse non sono conosciute attraverso le cose subordinate. Ha maggiore autorità fra tutte le scienze, e ha più autorità di quella che a essa è sottoposta, la scienza che conosce il fine per il quale ogni cosa deve essere fatta, e questo è il bene di ciascuna cosa, e in generale l'ottimo in tutta la natura. Da tutto quello che abbiamo detto risulta dunque che la scienza menzionata nella nostra ricerca è sempre la medesima: questa deve prendere in considerazione i principi primi e le cause, e il bene e il fine sono una delle cause. Basta guardare a quelli che per primi hanno esercitato la filosofia, perché risulti chiaramente che la sapienza non è un sapere produttivo. Infatti gli uomini, sia da principio sia ora, hanno cominciato a esercitare la filosofia attraverso la meraviglia. Da principio esercitarono la meraviglia sulle difficoltà che avevano a portata di mano; poi, progredendo così poco alla volta, arrivarono a porsi questioni intorno a cose più grandi, per esempio su ciò che accade alla luna, al sole e agli astri e sulla nascita del tutto. Chi si pone problemi e si meraviglia crede di non sapere; perciò anche colui che ama i miti è in certa misura filosofo, perché il mito è costituito da cose che destano meraviglia. Sicché, se gli uomini filosofarono per fuggire l'ignoranza, è evidente che cercarono il sapere per il conoscere, e non per trarne un utile. Ne è prova ciò che è accaduto: infatti quando ormai possedevano quasi tutte le cose necessarie e quelle occorrenti per un'esistenza confortevole e piacevole, gli uomini cominciarono a esercitare questo tipo di intelligenza. È chiaro dunque che noi non cerchiamo questo sapere per nessun altro uso, ma come dell'uomo diciamo che è libero quando esiste per se stesso e non per un altro uomo, così cerchiamo questa scienza come quella che è l'unica tra le scienze a essere libera, perché è l'unica che ha come fine se stessa. Perciò giustamente si potrebbe pensare che il possesso di essa non è umano, perché in molti sensi la natura degli uomini è serva, sicché, secondo Simonide «Dio soltanto avrebbe questo privilegio», mentre non conviene che l'uomo non si accontenti di cercare una scienza adatta alle sue proporzioni.


Guida alla lettura


1) Che cosa significa che «tutti gli uomini aspirano per natura alla conoscenza»?
Questa affermazione di Aristotele, "tutti gli uomini aspirano per natura alla conoscenza", indica che il desiderio di conoscenza è un tratto innato dell'essere umano. In altre parole, è una caratteristica fondamentale della natura umana cercare di capire il mondo che ci circonda, di scoprire nuove informazioni e di acquisire nuove conoscenze. Aristotele sostiene che questo desiderio di conoscenza è evidente nel modo in cui gli uomini apprezzano le sensazioni e preferiscono quelle che possono ottenere tramite i propri sensi, come la vista. Questo desiderio intrinseco di conoscenza è considerato una delle basi fondamentali per lo sviluppo della filosofia e della ricerca scientifica.

2) Perché, secondo Aristotele, amiamo le sensazioni?
Secondo Aristotele, noi amiamo le sensazioni perché sono intrinsecamente gradevoli e desiderabili per sé stesse. Le sensazioni ci forniscono conoscenza diretta del mondo esterno attraverso i sensi, specialmente la vista che ci permette di percepire più di ogni altro senso. Questa preferenza per le sensazioni è evidente nel modo in cui godiamo della vista non solo per scopi pratici ma anche quando non stiamo facendo nulla di particolare. Aristotele ritiene che questa predilezione per le sensazioni sia un segno naturale dell'aspirazione umana alla conoscenza e che il piacere che proviamo nel percepire il mondo attraverso i sensi sia un motore fondamentale per la nostra ricerca di conoscenza e comprensione.

3) A chi appartengono la memoria e l'esperienza?
La memoria e l'esperienza appartengono agli esseri viventi dotati di sensibilità, inclusi gli esseri umani e alcuni animali. Aristotele spiega che gli animali nascono con la sensibilità, da cui può derivare la memoria in alcuni individui, mentre altri non la possiedono. Inoltre, spiega che la memoria è alla base dell'esperienza negli esseri umani, poiché l'esperienza si forma attraverso i molteplici ricordi di eventi simili.

4) L'esperienza serve all'arte?
Sì, secondo quanto affermato nel testo, l'esperienza è fondamentale per lo sviluppo dell'arte. L'autore spiega che l'arte nasce dall'esperienza quando molte nozioni derivanti da esperienze individuali si combinano per formare una credenza universale su casi simili. L'esperienza fornisce la base sulla quale l'artista costruisce la sua conoscenza e competenza. Tuttavia, l'autore distingue anche tra l'esperienza e l'arte: mentre l'esperienza riguarda la conoscenza delle cose individuali, l'arte si occupa della conoscenza degli universali. In altre parole, l'esperienza fornisce una comprensione pratica delle singole situazioni, mentre l'arte offre una conoscenza più generale e astratta che può essere applicata in una varietà di contesti simili.

5) L'arte si identifica con l'esperienza?
No, nel testo si evidenzia che l'arte e l'esperienza non si identificano. L'esperienza è descritta come la conoscenza delle cose individuali, acquisita attraverso la pratica e la memoria delle situazioni specifiche. L'arte, invece, è definita come la conoscenza degli universali, cioè delle regole generali che governano le situazioni particolari. Mentre l'esperienza si basa sulla conoscenza delle circostanze specifiche, l'arte si basa sulla comprensione dei principi universali che possono essere applicati in varie situazioni. Quindi, sebbene entrambe siano importanti, l'arte è considerata una forma di conoscenza superiore rispetto all'esperienza, in quanto si concentra sulle cause e sui principi che governano le cose.

6) Che cosa hanno in comune arte e scienza?
L'arte e la scienza hanno diverse somiglianze e punti in comune:

Conoscenza delle cause: Sia l'arte che la scienza richiedono una comprensione delle cause e dei principi che governano il fenomeno studiato. Nell'arte, questo può riguardare la conoscenza delle cause che portano a un risultato desiderato, mentre nella scienza si tratta della comprensione delle cause naturali che regolano i fenomeni osservati.
Universalità: Entrambe cercano di raggiungere una comprensione universale e generale dei fenomeni. Mentre l'arte si basa sull'esperienza individuale e cerca di formulare regole generali applicabili a situazioni simili, la scienza cerca di identificare leggi e principi che valgono in tutte le circostanze.
Risultati pratici: Entrambe possono portare a risultati pratici e applicazioni nella vita quotidiana. L'arte può produrre opere creative e soluzioni pratiche per problemi specifici mentre la scienza può portare a scoperte e innovazioni tecnologiche che migliorano la vita umana.
Metodologia: Pur utilizzando metodologie diverse, sia l'arte che la scienza richiedono un approccio sistematico e rigoroso nella ricerca della conoscenza. Entrambe richiedono osservazione, sperimentazione e analisi critica per avanzare nella comprensione del mondo.

In sintesi, sia l'arte che la scienza sono forme di conoscenza che condividono l'obiettivo di comprendere il mondo e influenzare la vita umana, anche se attraverso approcci e metodologie differenti.

7) Per quale motivo vengono ammirati quelli che conoscono un'arte?
Quelli che conoscono un'arte vengono ammirati perché sono considerati saggi e distinti dagli altri. L'arte, infatti, rappresenta non solo la capacità di eseguire determinate azioni pratiche, ma anche la comprensione profonda delle cause e dei principi che regolano tali azioni. Chi possiede un'arte non solo sa come fare le cose, ma comprende anche il motivo per cui vengono fatte in quel modo e le cause che le sottendono. Questa comprensione profonda conferisce loro un'autorità e un rispetto particolare, poiché sono visti come coloro che possiedono una conoscenza più elevata e più completa.

8) Che tipo di sapere è quello dei primi filosofi?
Il tipo di sapere dei primi filosofi, secondo quanto espresso nel testo, è caratterizzato dalla meraviglia e dalla ricerca della conoscenza per il semplice atto di conoscere, piuttosto che per un utilizzo pratico. Questi filosofi si pongono domande e si meravigliano di fronte alle difficoltà e ai misteri del mondo, cercando di comprendere fenomeni come i movimenti celesti e l'origine dell'universo. Il loro sapere è motivato dalla ricerca della verità per sé stessa, piuttosto che da un fine pratico o utilitario. Pertanto, il tipo di sapere dei primi filosofi è filosofico e contemplativo, orientato alla comprensione delle cause prime e dei principi fondamentali dell'universo.

9) Quando compare la filosofia nella storia umana?
Nella storia umana, la filosofia emerge quando gli uomini iniziano a esercitare la meraviglia, ponendosi domande e interrogandosi sulle difficoltà che osservano intorno a loro. Questo processo di meraviglia e interrogazione inizia con questioni relative a cose quotidiane e prosegue gradualmente verso argomenti più ampi e complessi, come la natura del cosmo, il movimento dei corpi celesti e l'origine dell'universo. In sostanza, la filosofia nasce quando gli esseri umani iniziano a cercare il sapere per il solo scopo di conoscere, senza necessariamente cercare un'utilità pratica immediata.

10) Si tratta di un sapere utile?
Il testo discute principalmente la distinzione tra scienza e arte, con un'enfasi sulla scienza come ricerca del sapere per il puro piacere della conoscenza anziché per un utilizzo pratico. Aristotele sottolinea che la vera scienza è libera e ha come fine se stessa, non essendo orientata a un'utilità pratica. Tuttavia, questa prospettiva non esclude completamente l'utilità del sapere acquisito. Mentre la scienza non è diretta verso un fine pratico specifico, può comunque portare a una migliore comprensione del mondo e, implicitamente, a benefici pratici. Ad esempio, comprendere i principi e le cause fondamentali di un fenomeno può alla fine portare a sviluppi tecnologici o miglioramenti nelle condizioni umane. Quindi, sebbene il sapere discusso nel testo sia principalmente orientato alla ricerca della verità per sé stessa, può comunque avere implicazioni utilitaristiche indirette.


Guida alla Comprensione


1) Ricostruisci il discorso di Aristotele che individua i gradini della conoscenza. Per quali aspetti siamo simili agli animali? Dove si situa la differenza tra gli animali e l'uomo? Dove si situa il passaggio dalla conoscenza delle cose a quella delle cause? Dove si situa la differenza tra conoscenza utile e conoscenza pura?
Il discorso di Aristotele individua i gradini della conoscenza come segue:

Sensazione: Iniziamo con le sensazioni, attraverso le quali percepiamo il mondo esterno. Aristotele sottolinea che gli uomini mostrano amore per le sensazioni e danno particolare importanza alla vista.
Memoria: Da alcune sensazioni nasce la memoria, che è più sviluppata negli esseri umani rispetto agli animali.
Esperienza: La memoria porta all'esperienza, poiché la ripetizione di sensazioni simili porta alla formazione di esperienza. Questa è una conoscenza delle cose individuali basata su molteplici ricordi.
Tecnica e scienza: Aristotele sostiene che l'esperienza è alla base della tecnica e della scienza. Mentre l'esperienza si concentra sulle cose individuali, la tecnica e la scienza si basano su principi universali e causali.

Per quanto riguarda le somiglianze tra gli uomini e gli animali:

Gli animali sono dotati di sensibilità e alcuni di essi possono avere memoria, sebbene in misura minore rispetto agli uomini.
Gli animali conducono la loro vita con immagini e ricordi, ma partecipano poco dell’esperienza.
La differenza fondamentale tra gli animali e gli esseri umani risiede nel fatto che gli uomini conducono la propria vita con arte e ragionamento. Questo significa che gli uomini sono capaci di sviluppare tecniche e scienze, applicando la ragione e la logica alla loro esperienza.
Il passaggio dalla conoscenza delle cose alla conoscenza delle cause avviene quando si supera la fase dell'esperienza e si giunge alla tecnica e alla scienza. Mentre l'esperienza si concentra sulle cose individuali e sui loro effetti, la scienza e la tecnica cercano di comprendere le cause sottostanti e i principi universali che governano tali effetti.

Infine, Aristotele distingue tra conoscenza utile e conoscenza pura:

La conoscenza utile si riferisce alla conoscenza che ha uno scopo pratico, come ad esempio la tecnica che porta a un'applicazione pratica delle conoscenze acquisite.
La conoscenza pura, d'altra parte, è una ricerca della conoscenza per il suo proprio valore, senza necessariamente avere un'applicazione pratica immediata. Aristotele sostiene che l'interesse teoretico puro per la conoscenza si manifesta solo quando la sopravvivenza è ampiamente assicurata.

2) Ricostruisci il percorso che porta a considerare la conoscenza il fine più alto per l'uomo. Da che cosa ci accorgiamo di ricercare il conoscere per se stesso? Come si intrecciano ricerca dell'utile e del sapere nell'esperienza umana? Quando possiamo dire che la nostra spinta a conoscere viene dalla meraviglia? Quando emerge nella storia umana il desiderio di conoscenza fine a se stessa? Perché conoscere le cause non ha un rapporto necessario con l'utile? In che cosa il sapere puro non è propriamente umano?
Il percorso che porta a considerare la conoscenza come il fine più alto per l'uomo inizia con l'osservazione del desiderio innato di conoscenza presente in tutti gli esseri umani. Aristotele osserva che tutti gli uomini aspirano naturalmente alla conoscenza, come evidenziato dall'amore per le sensazioni e il piacere che si prova nell'acquisire informazioni dai sensi. Questo amore per la conoscenza si manifesta nel piacere intrinseco che si prova nel conoscere, indipendentemente dall'utilità pratica che ne deriva.

Nel corso dell'esperienza umana, la ricerca dell'utile e del sapere sono strettamente intrecciate. Inizialmente, gli individui acquisiscono conoscenza attraverso l'esperienza sensoriale e la memoria, che sono legate all'utilità pratica. Tuttavia, con il progredire della conoscenza, emerge una spinta intrinseca verso la ricerca della verità e della comprensione più profonda che va al di là del semplice utilitarismo.

La spinta alla conoscenza fine a se stessa emerge quando l'individuo si trova di fronte a fenomeni che suscitano meraviglia e stupore. Aristotele osserva che la filosofia ha avuto origine dalla meraviglia, poiché coloro che si pongono domande e si meravigliano credono di non sapere e cercano il sapere per il puro desiderio di conoscenza, non per un'utilità pratica.

Il desiderio di conoscere le cause, secondo Aristotele, non ha un rapporto necessario con l'utile perché il conoscere le cause riguarda la comprensione della natura intrinseca delle cose, indipendentemente dal loro utilizzo pratico. Questo tipo di conoscenza porta alla comprensione degli universali e dei principi fondamentali, che sono alla base di tutte le altre forme di conoscenza.

Il sapere puro, che si concentra sulla ricerca della verità e della comprensione per il suo proprio valore, non è propriamente umano nel senso che va oltre le necessità immediate e gli interessi materiali dell'umanità. Questo tipo di conoscenza è considerato libero e autonomo, poiché si cerca per se stessa, senza essere subordinata ad altri fini o interessi esterni.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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