Agostino di Ippona - La legge della giustizia è impressa nel cuore


Immagine Agostino di Ippona
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel suo commento al Salmo 57, Agostino offre una riflessione profonda sulla natura della giustizia, evidenziando come sia una legge sia naturale che divina, impressa nel cuore degli uomini. Egli invita con forza a esaminare attentamente cosa sia il male, partendo dalla sensazione di dolore provocata quando subiamo un'ingiustizia. Attraverso un semplice atto di empatia verso gli altri, Agostino ci conduce alla formulazione negativa della "regola aurea": non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso. In modo analogo, è possibile derivare la formulazione positiva di questo principio, la quale Agostino non espone in modo canonico ma lascia all'interpretazione del reciproco soccorso: chiunque chieda aiuto per sé stesso dovrebbe sapere cosa fare quando vede gli altri in difficoltà. Il richiamo all'autenticità della legge naturale impressa nel cuore è rafforzato dal confronto con la legge di Dio scritta sulle tavole mosaiche: per coloro che non riescono a leggere nei loro cuori, la legge scritta è un monito che non può essere ignorato ed è la prova da utilizzare nell'esame dei malvagi.


Lettura


Le parole che abbiamo cantate, ritengo essere nostro dovere ascoltarle più che non ripeterle ad alta voce. La verità grida a tutti, al genere umano riunito, per così dire, in assemblea: Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, o figli degli uomini. Quale ingiusto, infatti, non è capace di parlare – e con facilità! – della giustizia? E chi, interrogato sulla giustizia, quando lui non entra direttamente in causa, non saprà con facilità darne la definizione? Poiché la verità ha scolpito nei nostri cuori, per la mano stessa del Creatore, il principio: Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri.

A nessuno fu mai permesso di ignorare questo comandamento, anche prima che fosse data la legge, in modo che potessero esser giudicati anche coloro che non avrebbero avuto la legge. Ma, affinché gli uomini non si lamentassero che mancava loro qualcosa, fu scritto sulle tavole ciò che essi non riuscivano a leggere nel proprio cuore. Non è vero, infatti, che essi non avessero in cuore alcuna legge scritta; solo che si rifiutavano di leggerla. Fu allora posto dinanzi ai loro occhi ciò che avrebbero dovuto vedere nella coscienza; e l'uomo fu spinto a guardare nel suo intimo dalla voce di Dio, proveniente, per così dire, dal di fuori.

Come dice la Scrittura: Sui pensieri degli empi sarà fatto un interrogatorio. E dove c'è interrogatorio ci deve essere anche la legge. Ma, poiché gli uomini, anelanti alle cose esteriori, erano divenuti degli estranei anche a se stessi, fu data loro per giunta una legge scritta. Non perché non fosse già scritta nei loro cuori, ma perché tu eri fuggito dal tuo cuore, e colui che è ovunque voleva recuperarti e costringerti a ritornare in te stesso.

E cosa grida, la legge scritta, a quanti si sono distaccati dalla legge impressa nei loro cuori? Tornate, prevaricatori, al cuore. Chi, infatti, ti ha insegnato a non volere che un altro stia con la tua sposa? Chi ti ha insegnato a non voler essere derubato? Chi ti ha insegnato a non voler subire ingiuria, e così via, per tante altre cose, in generale o in particolare? Per molte cose, infatti, gli uomini, se interrogati su ciascuna di esse, risponderebbero senza esitazione di non volerle subire. Va bene! È giusto che tu non voglia subire queste ingiurie; ma vivi forse solo? Non vivi, forse, nel consorzio del genere umano? Colui che è stato creato insieme con te è uguale a te; e tutti siamo stati fatti a immagine di Dio, a meno che non polverizziamo ciò che egli ha formato, abbandonandoci a cupidigie terrene. Orbene: Quanto non vuoi sia fatto a te, non farlo ad altri. Tu giudichi essere un male tutto ciò che non vuoi subire; e a riconoscere questo ti costringe una legge intima, scritta nel tuo cuore.

Tu operavi il male e l'oppresso gridava tra le tue mani. Come non sentirti obbligato a tornare al tuo cuore, se ti dispiace subire la stessa ingiuria per mano altrui? Sarà cosa buona il furto? No. Io domando: Sarà cosa buona l'adulterio? Tutti gridano: No. Buona cosa, l'omicidio? Tutti dichiarano di detestarlo. Desiderare le cose altrui sarà un bene? No, risponde la voce di tutti. Oppure, se ancora non è questa la tua risposta, fa' che ti si avvicini uno intenzionato di toglierti ciò che è tuo. Ne saresti contento? Rispondi ciò che vorresti. Tutti, dunque, interrogati su tali argomenti, dichiarano che nessuna deviazione morale può essere cosa buona.

Lo stesso quando si viene interrogati sulle opere buone: non sulle colpe che occorre evitare, ma su ciò che si è obbligati a dare o a restituire. Ragioniamo con uno che ha fame e diciamogli: «Ecco tu soffri la fame. Quell'altro invece possiede il pane, ne ha in abbondanza, in misura più che sufficiente: egli sa che tu ne hai bisogno e non te lo dà». Se sei affamato, tutto ciò ti dispiace. Ebbene, un tale comportamento ti dispiaccia anche quando tu sei sazio, se saprai che un altro ha fame. Viene al tuo paese un pellegrino bisognoso di un tetto, e nessuno lo ospita. Costui allora si metterà a gridare che una tale città è disumana, e che è più facile trovare rifugio presso i barbari. Sente l'ingiustizia perché lo tocca direttamente. Tu invece non la senti, forse, con altrettanta forza. Immaginati, però, di essere tu stesso quel pellegrino e vedi un po' come ti dispiacerebbe che non ti fosse offerto l'alloggio: quell'alloggio che tu, nella tua patria, ricusi di offrire al pellegrino! Chiedo a tutti: «Sono vere queste cose?» «Sono vere». «Sono giuste queste cose?» «Sono giuste».


Guida alla lettura


1) Che cosa bisogna fare invece di parlare di giustizia?
Secondo il testo, anziché limitarsi a parlare di giustizia, è fondamentale agire in modo retto e conforme alla legge naturale scritta nei cuori degli uomini. Ciò implica un'autentica ricerca di ciò che è bene non solo per sé stessi, ma anche per gli altri, e agire di conseguenza. Invece di concentrarsi solo sulle parole, si invita a vivere secondo i principi di equità e solidarietà, adottando comportamenti che rispettino la dignità e i diritti altrui.

2) Che cosa dice il cuore su ciò che è giusto? Riproduci la formula e spiegala.
Il cuore, secondo Agostino di Ippona, suggerisce una formula fondamentale per la giustizia: "Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri". Questa formula implica un principio di reciprocità e empatia, invitando ogni individuo a considerare gli altri nella stessa luce in cui considera se stesso. In altre parole, ciò che una persona considera ingiusto o dannoso per sé stessa, non dovrebbe essere inflitto ad altri. Questo principio si basa sull'idea che la coscienza umana, impressa dalla Verità, riconosce intuitivamente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e guida le azioni di ciascuno verso la virtù e la giustizia.

3) Per chi è stata scritta la legge di Mosè?
La legge di Mosè è stata scritta per il popolo d'Israele, secondo la tradizione ebraica e cristiana. Mosè, il grande profeta biblico, ha ricevuto questa legge direttamente da Dio sul Monte Sinai e l'ha trasmessa al popolo d'Israele come una guida per la vita religiosa, morale e civile.

4) Come fa ciascuno a sapere che certe azioni sono cattive?
Il testo suggerisce che ciascuno sa che certe azioni sono cattive perché la legge naturale, impressa nei cuori degli uomini da Dio stesso, li spinge a riconoscerlo. Questa legge interiore guida le persone a comprendere intuitivamente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Inoltre, l'autore evidenzia che l'esperienza del dolore quando si subisce un'ingiustizia o si vede qualcun altro subirla aiuta le persone a riconoscere ciò che è moralmente riprovevole.

5) Che cosa deve pensare per non farle agli altri?
Per non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso, devi riflettere su come ti sentiresti se fossi nella situazione della persona che riceve il tuo comportamento o le tue azioni. Dovresti considerare i tuoi desideri, bisogni e diritti come punto di partenza per capire come trattare gli altri. In breve, devi coltivare empatia e rispetto per gli altri, applicando il principio della reciprocità e della compassione nelle tue interazioni quotidiane.

6) Come fa ciascuno a sapere che cosa è bene fare nelle varie circostanze?
Secondo il testo che hai condiviso, ciascuno sa cosa è bene fare nelle varie circostanze grazie alla legge naturale scritta nei propri cuori. Agostino sostiene che questa legge interiore, impressa da Dio stesso, guida gli esseri umani nel riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Inoltre, il testo suggerisce che il confronto con le azioni che desidereremmo subire noi stessi può aiutarci a capire cosa sia giusto fare agli altri. Questo principio, espresso nella "regola aurea" - "ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri" - offre una guida morale universale per determinare cosa sia bene fare in ogni situazione.


Guida alla Comprensione


1) Rifletti sulla prescrizione che sintetizza la regola naturale e divina di giustizia: con quali operazioni è possibile trarla da se stessi? Che cosa può impedirne il funzionamento?
La prescrizione che sintetizza la regola naturale e divina di giustizia, come evidenziato nel testo, può essere tratta da se stessi attraverso alcune operazioni fondamentali:

Riflessione sugli insegnamenti morali innati: Il testo evidenzia come la legge della giustizia sia scolpita nei cuori degli uomini fin dalla loro creazione. Pertanto, la prima operazione è quella di riflettere sui principi morali intrinseci e universali che guidano il comportamento umano.
Auto-interrogatorio: È necessario interrogarsi su ciò che si desidera per sé stessi e su come si reagirebbe in situazioni in cui gli altri subiscono ingiustizie. Questo processo di auto-interrogatorio può portare alla comprensione della regola aurea: "Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri".
Empatia e immedesimazione: Il testo suggerisce di immedesimarsi nell'altro per comprendere appieno il principio di giustizia. Mettendosi nei panni degli altri e comprendendo il loro dolore o bisogno, si può giungere a una maggiore consapevolezza dei propri doveri morali.

Ciò che può impedire il corretto funzionamento di questa prescrizione è:

L'egoismo e l'indifferenza: Se una persona è dominata dall'egoismo e dall'indifferenza verso il benessere degli altri, potrebbe ignorare o violare la regola di giustizia, causando ingiustizie e sofferenze.
L'ignoranza o la negligenza morale: Coloro che ignorano i principi morali intrinseci o scelgono di trascurarli potrebbero agire in modo ingiusto senza rendersi conto del danno che causano agli altri.
La corruzione o la distorsione dei valori: In alcuni casi, l'influenza di una cultura corrotta o la distorsione dei valori morali possono portare le persone a giustificare comportamenti ingiusti o immorali, impedendo loro di seguire la regola di giustizia universale.

In conclusione, è possibile trarre la prescrizione della regola naturale e divina di giustizia da se stessi attraverso operazioni di riflessione, auto-interrogatorio, empatia e immedesimazione. Tuttavia, l'egoismo, l'ignoranza morale e la corruzione dei valori possono ostacolare il corretto funzionamento di questa prescrizione, portando a comportamenti ingiusti e dannosi.

2) Spiega il rapporto tra legge naturale del cuore e legge scritta, specificando a chi si indirizza la legge scritta, quali effetti Agostino le attribuisce per il singolo e quale ruolo di garanzia essa ha per la comunità.
Il rapporto tra la legge naturale del cuore e la legge scritta è centrale nel pensiero di Agostino di Ippona, come espresso nel testo che hai fornito.

La legge naturale, secondo Agostino, è quella legge divina impressa nei cuori degli uomini dal Creatore stesso. È una legge universale e immutabile che guida l'agire morale delle persone. Essa si manifesta attraverso il senso innato del bene e del male, come espresso nel principio fondamentale: "Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri".

D'altro canto, la legge scritta si rivolge agli uomini che, distaccandosi dalla legge impressa nei loro cuori, si sono resi estranei anche a se stessi. Essa è data per giunta, non perché la legge naturale non fosse già presente nei loro cuori, ma perché gli uomini avevano trascurato di ascoltarla. La legge scritta viene quindi presentata come un rimedio, una forma esteriore di guida per coloro che hanno smarrito la connessione con la loro coscienza morale.

Agostino attribuisce all'interrogatorio basato sulla legge scritta l'effetto di far emergere la coscienza morale degli individui, costringendoli a confrontarsi con le loro azioni e a rendersi conto dei propri errori. La legge scritta, in questo senso, serve da richiamo per coloro che hanno trascurato la legge naturale impressa nei loro cuori, offrendo loro l'opportunità di riflettere e di ritornare a se stessi.

Per la comunità, la legge scritta svolge un ruolo di garanzia dell'ordine e della giustizia sociale. Essa fornisce una base concreta per la valutazione e la punizione delle azioni immorali, assicurando così la coesione e il benessere della società. Tuttavia, Agostino sottolinea che la legge scritta non sostituisce la legge naturale del cuore, ma è complementare ad essa, servendo come guida esterna per coloro che hanno smarrito il contatto con la loro coscienza morale interiore.

3) Confronta la formulazione negativa del principio di giustizia per evitare di fare il male con le indicazioni positive che Agostino fornisce per ricavare il modo di fare il bene. Perché il secondo procedimento risulta meno preciso e più complesso da realizzare?
Nella prima parte del testo, Agostino esprime il principio di giustizia in una formulazione negativa: "Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri". Questa è una regola chiara e semplice che impone di evitare di fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi stessi.

Nella seconda parte, Agostino offre indicazioni positive per ricavare il modo di fare il bene, come ad esempio nell'invito a soccorrere gli altri quando sono nel bisogno. Questo secondo procedimento risulta meno preciso e più complesso da realizzare perché richiede una valutazione più soggettiva e un discernimento morale più profondo. Mentre la regola negativa è diretta e immediata, la pratica del bene comporta una serie di azioni positive che possono essere interpretate in modi diversi da individuo a individuo e in diverse situazioni. Inoltre, il fare il bene spesso implica un coinvolgimento attivo e proattivo, mentre evitare di fare il male può essere interpretato come un'azione passiva di non causare danni agli altri.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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